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CRISI DEL MONOPOLISMO

CRISI DEL MONOPOLISMO-1

  1. Breve premessa Generale

I Paradisi fiscali offshore[i], la speculazione, l’usura e la svendita del patrimonio pubblico sono fuorilegge.

Qualsiasi attività economica in contrasto con l’utilità sociale è anticostituzionale (art. 41 della Costituzione italiana).

Basta con le minacce, lo strozzinaggio e il saccheggio delle conquiste sociali e del patrimonio pubblico degli Stati socialisti,dei paesi sovrani e dello stato sociale, costati il sangue dei popoli.

La crisi è causata dalla ricerca del massimo profitto monopolista ammassato in nero offshore.

Esso è la fonte prima della corruzione e della criminalità economica, sociale e ambientale.

La società uscirà dalla secolare crisi monopolista quando la classe dei monopolisti uscirà dalla società.

I mille monopolisti di Wall Street, coperti da populisti e masanielli, posseggono semplice moneta virtuale, mentre la classe operaia non è un accessorio delle macchine, ma ha in mano le fabbriche, l’economia e la scienza.

In tutti i continenti, la crisi monopolista provoca lotte, movimenti ed eventi. Nostro compito, come avanguardia della classe operaia, è di fare in modo che essi siano valorizzati ed indirizzati in un’ottica di classe, che consenta la loro conseguente maturazione e presa di coscienza politica.

Oggi, secondo noi, gli organizzatori della classe operaia devono essere gli operai stessi dell’Arsenale.[ii]

  • Proponiamo un Organismo internazionale di educazione di classe, fondato sull’unità tra i lavoratori della produzione industriale e i ricercatori della scienza.
  • Chiediamo l’impegno delle forze culturali di tutte le Nazioni.
  • Chiediamo il sostegno delle Istituzioni e degli Stati socialisti e democratici di tutti i Continenti.
  • Auspichiamo l’attiva militanza degli elementi espressi dai movimenti creativi delle masse.

PARTECIPATE ALLA COSTRUZIONE DELL’ARSENALE

Per la costruzione dell’Arsenale di Galilei è necessario un lungo processo di lotta culturale internazionale di massa che la classe operaia dirigerà secondo il seguente metodo di cosciente e creativa circolarità democratica: educazione di classenei luoghi della produzione, arsenali, scuole, partiti, sindacati; diffusione dialogica principalmente attraverso lo strumentoInternet; creatività di massa nei luoghi della parola, piazze, sale, teatri, stadi.

Dalla classe alle masse, dalle masse alla classe! Attraverso internet, libri, giornali, volantini e la parola.[iii]

 

  1. Origini e storia

Il lavoro salariato sorge intorno all’anno mille; in Italia le prime lotte dei Ciompi[iv] compaiono all’inizio del XIII secolo.

La produzione minuta nei borghi medievali, la diffusione della manifattura e la fioritura dei comuni generano la prima rivoluzione industriale caratterizzata dall’invenzione  della stampa nel 1455, dall’invenzione della macchina a vapore durante il XVI e XVII secolo e dalla conseguente prima rivoluzione scientifica con la scoperta delle leggi matematiche e fisiche dei moti dei gravi, fatta da Galilei nel 1635 e con la scoperta della cellula nel 1665.

Le rivoluzioni inglese, americana e francese, mondializzano il capitalismo, la borghesia diventa classe dominante e la società entra definitivamente nell’era moderna.

In lotta contro il dominio della borghesia, nasce la classe del proletariato moderno che, con il marxismo, esprime il suo sistematico pensiero teorico e la sua concezione filosofico-scientifica dell’uomo e del mondo che nasce dall’analisi concreta dei rapporti dell’attività dell’uomo con la natura  e la società.

Verso la fine del XIX secolo, la concorrenza tra i diversi settori mondiali della borghesia sfocia nelle prime concentrazioni monopoliste e il crack del 1873 rappresenta l’inizio della crisi generale del monopolismo.

La Comune di Parigi del 1871 è la prima risposta del proletariato all’incombente secolo dell’imperialismo finanziario sui popoli e sui continenti, che oggi non è invincibile[v].

L’invenzione del motore a scoppio del 1854, del motore elettrico del 1871 appartenenti alla seconda rivoluzione industriale e la scoperta della teoria speciale della relatività di Einstein del 1905 e dell’atomo del 1911 caratterizzanti la seconda rivoluzione scientifica, vengono utilizzate dai monopolisti per potenziare il loro sistema di potere e di dominio.

Le conseguenti concentrazioni produttive e accumulazione della ricchezza acuiscono la crisi che scoppia nel 1907.

Contro di essa e la conseguente Prima Guerra Mondiale, insorge la classe operaia con la Rivoluzione d’Ottobre.

Il secolo lungo[vii] del dominio monopolista è scandito da queste tappe fondamentali: occupazione e spartizione coloniale da parte delle grandi potenze imperialiste europee dei continenti del sottosviluppo Asia, America Latina e Africa; due guerre mondiali contro i popoli; una lunghissima guerra fredda contro l’Urss e il socialismo[vii]; sanguinosissime stragi di Stato in Italia ed Europa contro lo stato sociale e democratico; dittature militari in Africa, America Latina e Asia accompagnate da decenni di efferate aggressioni militari e fomentazioni di guerre civili per imporre il neocolonialismo monopolista, sopratutto statunitense; distrutta l’URSS, restaurazione direttamente gestita dai monopolisti con aggressioni militari (Iraq, Jugoslavia, Afghanistan, Libia e ora Siria), balcanizzazione di interi continenti (conflitto Israele-Palestina, guerra Iran-Iraq, scontro Turchia-Siria, ecc..) e con l’ultimo assalto del pugno di Wall Street contro la zona Euro che alimenta risorgenti contrasti nazionalisti nel vecchio continente.

Restaurazione monopolista imposta con l’uso mercenario del potenziale militare industriale statunitense, della Cia, del Pentagono, della Nato e oggi anche dei droni, che subordina i Governi, fino alla stessa Amministrazione Obama.

Contro il secolo lungo monopolista, il proletariato ed i popoli hanno risposto con eroiche rivoluzioni: cinese, coreana, cubana, vietnamita, algerina, congolese, angolana e con vaste guerre popolari di resistenza contro il nazifascismo e il colonialismo.

L’Unione Sovietica, gli Stati di democrazia popolare, ed  i partiti comunisti e socialisti del continente europeo sono stati trascinati in un confronto prevalentemente statale e istituzionale, sospingendo nell’ombra e nella passività il più generale e fondamentale scontro politico di classe.

Le ultime lotte politiche del proletariato internazionale risalgono all’occupazione di tutte le grandi fabbriche di Francia nel maggio del 1968, all’autunno caldo italiano del 1969 e al trionfo del popolo del Vietnam del 1975.

Ciò ha permesso all’oligarchia monopolista di utilizzare i frutti della terza rivoluzione industriale e scientifica, dati dall’invenzione del transistor del 1948, dalla scoperta della struttura spaziale a doppia elica del Dna del 1953 e da quella di internet del 1969.

 

  1. Realtà e mutamenti

La distruzione dell’Urss e del Campo socialista europeo ha mutato il rapporto di forza internazionale tra le classi: la classe operaia ha subito un forte indebolimento; i monopolisti hanno accelerato il processo di restaurazione scaricando sui lavoratori e sui popoli tutto il peso della crisi, distruggendo forze produttive difatti la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi.[viii]

Gli ultimi cinque anni di recessione hanno svelato la realtà di classe della crisi: da un lato il continuo arricchirsi dell’oligarchia monopolista e dell’elite della borghesia speculatrice, imprenditoriale e professionale; dall’altro, la classe operaia, il proletariato, i contadini, gli intellettuali, le masse povere delle città e delle campagne, la piccola, media e grande borghesia produttiva e commerciale, in costante impoverimento.

Le recenti elezioni presidenziali negli USA sono uno specchio di questa contraddizione, infatti Wall Street appare nettamente divisa: i big dell’industria sono favorevoli a una rielezione di Obama, mentre banche e grande finanza sostengono il candidato repubblicano, che punta a regole meno restrittive per il settore.[ix]

Dobbiamo evitare la macelleria sociale ha detto lo  stesso presidente della Confindustria italiana Giorgio Squinzi.[x]

Negli anni del dopoguerra, 1946-1976, il PIL mondiale è stato il doppio del seguente trentennio 1977-2007.

Alla fine dei due periodi, negli USA, la tassazione dei redditi più alti è scesa dal 91% (novantuno per cento) al 23%.

Analogamente la quota del PIL andata all’area del super profitto monopolista è salita dal 10,7% al 23,3%.

Ciò ha comportato l’impoverimento delle famiglie dei lavoratori e delle restanti classi laboriose,  la riduzione della produzione dei beni e servizi di prima necessità e l’aumento della produzione dei beni di lusso e degli armamenti.

Questo spostamento delle attività produttive verso il mercato solvibile, cioè verso chi ha i soldi, è causato dalla ricerca del massimo profitto da parte dei monopolisti.

Ciò riduce enormemente i volumi della produzione e determina una colossale distruzione di forze produttive, umane e materiali: in ogni paese capitalistico afflitto dalla recessione esistono decine di milioni di esuberi, esodati, cassintegrati e disoccupati; nei paesi poveri esistono centinaia di milioni di affamati, denutriti e torme di contadini espropriati (desplazados) e spinti verso bibliche migrazioni.

Mille famiglie monopoliste hanno accumulato illegalmente oltre un milione di miliardi di dollari. [xi]

In base alla teoria Pareto[xii] sulla distribuzione ineguale della ricchezza in regime capitalista, due delle grandi famiglie monopoliste, la statunitense Rockefeller e l’inglese Rothschild, posseggono circa 400.000 miliardi da oltre due secoli, esse prestano a usura (spread) agli Stati il denaro che gli Stati stessi stampano.

Questo avviene mediante il sistema privato degli istituti centrali di emissione, come la Bce, che dovrebbero essere di natura pubblica in quanto esecutori di un servizio pubblico (la stampa del denaro).

Viceversa,  il denaro che gli istituti stampano viene dato alle banche e non direttamente agli Stati nazionali.

Un sistema monopolista fraudolento indebita gli Stati nazionali, li spreme con lo spread e ora li minaccia di fallimento.[xiii]

Tale massa monetaria di dollari e sterline stampate fuori dal controllo pubblico serve ad accrescere il loro suddetto milione di miliardi offshore.

Un milione di miliardi di dollari sono centomila euro per ogni persona vivente sulla Terra.

La crisi generale del monopolismo è in una fase sostanzialmente agonica: ricomparsa negli Usa nel 1957[xiv], trascinatasi tra alti e bassi e da un paese all’altro (Usa Canada Giappone Italia…) nei decenni ’60-’70, precipitata poi negli anni ‘80-‘90, e dopo l’esplosione dei derivati del 2007, è sprofondata in una crescente recessione nei paesi più dominati da Wall Street.

Un nero ammasso speculativo finanziario soffoca il mondo e la vita produttiva e sociale dei popoli e delle nazioni.

Ristrettissime oligarchie continentali, tanto isolate e separate[xv], hanno completamente esautorato il potere economico e politico della grande borghesia produttiva e commerciale puntando a sovvertire il ruolo dei loro stessi Stati, mirando alla gestione diretta del potere politico.

 

  1. Prospettiva di lotta

Non il profitto, ma la ricerca assoluta del massimo profitto privato illegale è all’origine delle crisi generali:  faraoni nello schiavismo, re e zar nel feudalesimo, monopolisti nel capitalismo.

In Europa la decadenza del monopolismo privato è più acuta, quindi più vicina al suo superamento, rispetto ai restanti continenti, nei quali l’egemonia monopolista finanziaria è sorta successivamente.

Le stesse soggettività del cambiamento, classe operaia e mondo del lavoro, hanno maggiore esperienza storica.

Per la legge universale della decadenza ineguale, in Europa, il Fronte democratico diretto dalla classe operaia può condurre una vincente battaglia di massa se sa cogliere i profondi contrasti che scuotono i monopolisti UE e quelli che li oppongono al più pericoloso blocco di Wall Street, cacciando dai Governi nazionali i suoi sicari berlusconisti.

Tocca all’avanguardia continentale della classe operaia strappare ai monopolisti le fabbriche apicali delle filiere, con il sostegno del Fronte democratico.

Tuttavia bisogna stare attenti a non confondere il monopolismo con il capitalismo, poiché  il monopolismo finanziario, è il prodotto più canceroso del capitalismo e ne costituisce una sovrastruttura, come la cima di un albero[xvi].

E’ un errore credere che, abbattere il monopolismo finanziario di Wall Street significhi, tout court, anche avere abbattuto il capitalismo formatosi nel corso di quasi mille anni di storia.

Con il vecchio capitalismo produttivo, occorre discutere, fare accordi e patti durante la lunga fase di transizione del socialismo, così come occorre un intero periodo storico per sradicare e superare la vecchia cultura borghese.

Alcuni settori discutono di crisi sistemica del capitalismo; altri sono impegnati ad ottenere riforme keynesiane; molti auspicano un drastico superamento socialista del capitalismo; quasi tutti convengono che la crisi è sorta dalla ricerca del massimo profitto da parte del monopolismo privato, che deve essere prioritariamente da tutti abbattuto.

Il profitto nasce dalla produzione sociale dei beni e dei servizi: è il salario non pagato ai lavoratori.

Senza dubbio alcuno, esso sarà distribuito tra tutte le classi della società socialista democratica di transizione.

Il massimo profitto, strappato ai monopolisti rovesciati, sarà subito utilizzato dal potere socialista continentale per: internazionalismo (abolizione reato clandestinità, cittadinanza e diritti ai lavoratori immigrati) ambiente (agricoltura, rinnovo patrimonio edilizio, riassetto idrogeologico, infrastrutture, internet…), difesa, grande produzione, ricerca scientifica, scuola statale gratuita (asilo-università), riduzioni di orario e lavoro a tutti, ripristino del potere d’acquisto delle masse con aumenti delle retribuzioni, delle pensioni, dei compensi professionali e delle tariffe di filiera.

L’Europa socialista democratica, un solo Stato di 50 Nazioni, sarà fondata sull’unità scienza classe operaia, sul suo potere socialista continentale e sul governo democratico nazionale dei suoi alleati.

Gli operai, i ricercatori e gli studenti, impegnati in diverse lotte per la difesa del diritto al lavoro e allo studio, possono attivamente organizzare eventi comuni nei grandi luoghi di lavoro dei Distretti della produzione industriale e della ricerca scientifica delle diverse nazioni.

Il loro svolgimento unirà i lavoratori e i cittadini, eleverà in essi il livello di coscienza generale per lotte più avanzate verso il cambiamento di classe della società.

I ventuno giorni della Primavera di Melfi[xvii] del 2004 sono stati emblematici: il coordinamento dei delegati, i comunisti, altri operai di sinistra, una dozzina in tutto di operai coscienti e organizzati, avanguardia della classe operaia – (lo 0,01%) -, unì i diecimila lavoratori della Fiat SATA e dell’indotto in una lotta vincente che attrasse il sostegno di tutte le forze produttive, culturali, sociali, amministrative e l’intera regione Lucana salendo per tre settimane agli onori della cronaca nazionale.

Una politica di alleanze esemplari, di classe e di massa, di unità dei comunisti, della sinistra e di tutte le forze democratiche che poi si ripeterà a Rapolla e Scanzano, sconfiggendo definitivamente il terzo governo Berlusconi e la relativa fascistizzazione (scuola Diaz[xviii] di Genova nel 2001).

Lavoriamo da sette anni agli incontri con quattro partiti comunisti dei paesi vicini, quello di Germania, dei Paesi Bassi, del Lussemburgo e del Belgio[xix].

Il Partito del lavoro belga, il Partito comunista belga e il partito Comunista del Canton Ticino conducono azioni comuni nelle ricorrenze elettorali e nella lotta per colpire le grandi ricchezze, come l’ormai famosa tassa sui milionari.

In Italia la classe operaia ed il Fronte Democratico sono alle prese con distruttive ristrutturazioni produttive e con  delicate elezioni nazionali, che possono segnare il corso degli eventi.

Per ricacciare indietro le forze oltranziste filo Wall Street (Berlusconi, Elkann, IOR), disaggregare quelle filo Maastricht (Monti, Montezemolo, IOR) e potenziare il Fronte democratico, occorre una stretta alleanza elettorale tra i partiti Pd, Pdci, Prc, Sel e le forze politiche costituzionali come Idv.

In proposito, delicata è la funzione di educazione unitaria di classe che vogliamo condurre insieme alle componenti culturali dell’Anpi, della Cgil, della Fiom e con un ruolo attivo delle riviste Contropiano, Essere Comunisti, Gramsci, Marx XXI e Marxismo Oggi.

In Europa, gruppi monopolisti privati quali acciaio, auto e minerario sono minacciati da forti tagli occupazionali.

Per l’Ilva di Taranto e per altre fabbriche presenti sul territorio nazionale, riteniamo necessario un intervento pubblico UE, Stati e regioni interessati.

Il governo francese sta preparando un intervento pubblico per impedire la chiusura di fabbriche presenti sul suo territorio: la siderurgia è un problema europeo, solubile con un Gruppo Unico Continentale.

Il gruppo Fiat ha ridotto ad un terzo le vendite di auto, passando da circa 1.500.000 a meno di 500.000.

Tenuto conto che esistono gruppi industriali già a capitale pubblico, come la Renault e la Wolkswagen, noi pensiamo anche ad un Gruppo Unico Continentale dell’auto, con interventi pubblici UE, Stati e Regioni interessati: una risposta che la classe operaia potrebbe dare alla centralizzazione e alle ristrutturazioni antioperaie del monopolismo finanziario.

In questo processo, le diverse classi progressiste della società internazionale ricostruiranno e rafforzeranno i rispettivi partiti politici, per edificare i Nuovi Continenti della pace, della democrazia e del socialismo.

Nell’agosto 1917, in piena guerra mondiale, mentre il gruppo dirigente nazionale era sostanzialmente interventista, divenendo segretario del PSI di Torino, Gramsci insegnò che, in momenti gravi, prevalendo tra i lavoratori il sentimento unitario su quell’identitario, lotta sinceramente per i nuovi partiti chi rafforza i vecchi.

Le scorciatoie movimentiste e settarie illudono e disorganizzano le masse, favorendo l’uscita reazionaria e temporaneadalla crisi (l’uscita definitiva avviene con l’abbattimento del potere del monopolismo privato).

Il partito della classe operaia europea nascerà laddove più avanzata e concreta sarà l’unità d’azione tra i partiti comunisti e di sinistra esistenti in più Nazioni.

Gli intellettuali organici della classe operaia, della sinistra e della democrazia lotteranno uniti per i Nuovi Continenti.

Infatti i lavoratori stanchi, distrutti fisicamente e mentalmente, cominciavano ad alzare la testa, iniziavano a protestare…Nel 2003 eravamo arrivati a novemila provvedimenti disciplinari, tantissimi “illimitati” e soprattutto tanti dimissionari e licenziati. Tutto quello che succedeva non riuscivo a spiegarmelo. Non mi sembrava vero, eppure stava accadendo realmente…forse perché eravamo tanti operai, ma non ancora una classe…Ci vuole un cambio di cultura radicale in cui il lavoro e i lavoratori vengano riposti al centro della vita politica, così come recita la nostra carta costituzionale…dobbiamo osare perché non osino toglierci tutto.[xx]

Arrampicati sui tetti e sulle torri, nel fondo delle miniere, sull’alto delle cupole, operai, ricercatori, studenti e imprenditori lottano per difendere e sviluppare le forze produttive che il monopolismo privato distrugge.

Grandi eventi ricreativi e culturali, organizzati nei maggiori luoghi produttivi distrettuali, potrebbero trasformare queste lotte isolate e difensive in momenti di comune coscienza propositiva.

Movimenti sparsi, lotte sindacali continentali, Grandi Eventi maggiormente consapevoli, di classe e di massa, sempre più centrati sui fondamentali luoghi apicali delle filiere, della produzione e della ricerca, miranti al cambiamento.

Da essi, tappa dopo tappa, muoverà la trasformazione rivoluzionaria democratica di massa della società continentale, il tutto diretto dalla ricostruita unità internazionale scienza classe operaia.

BANCA CENTRALE EUROPEA PUBBLICA MONOPOLISTI SPECULATORI FUORILEGGE

 

Roma, Palazzo Valentini, 10 novembre 2012              Operai Ricercatori Studenti d’Avanguardia dell’Arsenale

(orsaa@centrogramsci.it)

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[i] Nicholas Shaxon, Le isole del Tesoro, Feltrinelli 2012: I Paradisi fiscali hanno a che fare di norma con l’evasione: dalle leggi, dai creditori, dalle tasse, in sintesi da ogni controllo e verifica democratica; e hanno avuto un ruolo decisivo in tutti i maggiori eventi economici contemporanei, compresa la crisi attuale esplosa nel 2008, fungendo spesso da basi per le lobby che hanno spinto a rimuovere i regolamenti finanziari preesistenti e a tagliare le tasse per i più ricchi in tutto il mondo.

Jean Zigler, La Privatizzazione del mondo, Marco Tropea Editore, Milano 2003: Il capitale in circolazione è a sua volta virtuale e attualmente è 18 volte superiore al valore di tutti i beni e i servizi prodotti in un anno e disponibili sul pianeta… Il predatore ( monopolista) accumula denaro, annienta lo Stato, distrugge la natura e gli esseri umani, corrompe gli agenti di cui ha bisogno fra i popoli che domina e crea sulla terra paradisi fiscali riservati al suo uso esclusivo. 

               

[ii] Antonio Gramsci, La costruzione del partito comunista, “Intervento alla Commissione Politica del 3° Congresso di Lione del 1926″, Edizioni Einaudi, Torino 1978. Galileo Galilei, I Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze: La scientia è figlia della sperientia…Occorre fare l’elogio dell’arsenale perché lì si applica la tecnica ed è uno dei luoghi più alti del vero filosofare.

[iii] Aleksej N. Leont’ev, Attività,coscienza, personalità, Edizioni Giunti Barbera: La parola intesa come unità fondamentale della lingua , che non è solo portatrice di significato ma anche cellula  fondamentale della coscienza che riflette il mondo esterno.

[iv] Henri Pirenne, Storia economica e sociale del Medioevo, Newton & Compton Milano 1997, pag. 206.: Firenze, che è al tempo stesso una città di banchieri e di tessitori, ha visto le masse operaie strappare a viva forza il potere alla classe capitalista. La rivolta dei Ciompi (1378-1382), suscitata e guidata dai lavoratori della lana, è l’analogo delle agitazioni rivoluzionarie che, nella stessa epoca, si verificano con sanguinose vicissitudini nel Nord (Europa ndr). Non sarebbe azzardato dire che, sulle sponde della Scheda, come quelle sull’Arno, i rivoluzionari hanno tentato di imporre ai loro avversari la Dittatura del Proletariato.

Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, canto I: Molti son li animali a cui s’ammoglia,/ e più saranno ancora, infin che ‘l veltro/ verrà, che la farà morir con doglia./ Questi non ciberà terra né peltro,/ ma sapienza, amore e virtute,/ e sua nazion sarà tra feltro e feltro. (Dante evoca con ilveltro l’avvento di un forte potere popolare che sconfiggerà il dominio finanziario, figurato nella lupa, espresso dai lavoratori simboleggiati dall’espressione tra feltro e feltro che ai suoi tempi erano gli operai tessitori ndr).

 

[v] Josè Reinaldo Carvalho (segreteria nazionale e resp. Comunicazione PcdoB, Partito comunista del Brasile): La crisi del capitalismo e le tendenze aggressive dell’imperialismo, lungi dall’intimidire, sono ulteriori motivi che favoriscono il sollevarsi dei popoli. In tutte le latitudini si svolgono lotte, che dimostrano che l’imperialismo non è invincibile e può essere sconfitto; Fausto Sorini (segreteria nazionale e resp. Esteri Partito dei Comunisti Italiani); Bruno Steri (responsabile del programma del Prc e direttore rivista Essere Comunisti); Gianni Rinaldini (già segretario nazionale Fiom, responsabile area La Cgil che vogliamo); Vito Francesco Polcaro  (Comitato Centrale e responsabile ricerca scientifica Partito dei Comunisti Italiani); senatore Luigi Marino (direzione nazionale e responsabile economia Partito dei Comunisti Italiani); Prof. Massimiliano Piccolo (Rete dei Comunisti, redazione della rivista Contropiano); Dr. Domenico Moro (comitato scientifico associazione Marx XXI). E’ possibile ascoltare gli approfondimenti dei citati compagni nei convegni di Rionero in Vulture del Centro Gramsci su Europa ieri oggi domani, dai quali abbiamo estratto contributi importanti per il nostro lavoro, presenti sul sito www.centrogramsci.it

[vi] Eric Hobsbawn, Il secolo breve, Rizzoli, Milano 1995.

[vii] Sahra Wagenknecht, Strategie antisocialiste all’epoca della contrapposizione dei sistemi. Due tattiche nella lotta contro il mondo socialista, Edizioni Associazione Concetto Marchesi, Gallarate 2009, Rivista Gramsci n°15 gennaio 2011, pag. 4:http://www.centrogramsci.it/gramsci/gramsci/GramsciRivista_7.pdf – Sahra Wagenknecht è dirigente e deputata di Berlino Die Linke.

[viii] Carl Phillip von Clausewitz, Della Guerra, Berlino 1832.

[ix] Obama spacca Wall Street, Il Sole 24 ore, 4 novembre 2012.

[x] Giorgio Squinzi, Corriere della sera del 12 luglio2012: «Dobbiamo evitare la macelleria sociale. Dal governo dei tecnici mi sarei aspettato qualcosa in più.» – http://www.corriere.it/economia/12_luglio_07/squinzi-camusso-governo-monti_0cbb5216-c856-11e1-9d90-c5d49ff3a387.shtml

[xi] Rivista Gramsci n° 15 gennaio 2011, pag. 1- Rivista Gramsci n° 16 settembre 2011, pag. 32: Il 27 agosto 2011 Giorgio Ruffolo su Repubblica stimava la massa monetaria presente nel mondo superiore dodici volte il Pil mondiale, equivalente a 910.000 miliardi di dollari. Un compagno ricercatore ha calcolato che la cifra di un milione di miliardi di dollari è quantificabile in un cubo con un chilometro di lato (km3), ovvero un campo di calcio alto cento chilometri…l’80% della quale posseduto quasi interamente in nero da non più di 1000 monopolisti, 8 dei quali ne posseggono oltre 500.000 (8 volte il Pil mondiale del 2010, calcolato in circa 62.000 miliardi di dollari), secondo la teoria Pareto sulla distribuzione della ricchezza in regime capitalistico.

[xii] Vilfredo Pareto, Manuale di economia politica, Società Editrice Libraria, Milano 1919.

[xiii] Pieri Poggiali, I Conquistatori di miliardi, Giovanni De Vecchi Editore, Milano 1967, pagg. 91-261 e seguenti: La famiglia Rotschild accumula ricchezza dal 1769, quella Rockfeller dal 1858. A pag. 266 leggiamo: Le basi per il grande balzo tuttavia si andavano lentamente preparando. Cinque, si è detto, erano i figli del vecchio Meyer Amschel Rotschild: Amschel, Salomone, Natam, Karl Meyer, Jakov (poi detto James). Nel 1798 il terzo Natam decise di trasferirsi in Inghilterra: il padre lo approvò, e lo rifornì di 20.000 sterline (somma piuttosto cospicua anche allora) con la quale il giovane Natam impiantò oltre Manica una attività bancaria formalmente del tutto autonoma e indipendente dalla casa-madre di Francoforte (che era stata intanto suddivisa in 50 carature, la maggioranza delle quali intitolata al padre – compresa la parte teorica di Natam – le altre ai figli) in realtà saldamente ancorata da un segreto cordone ombelicale alle decisioni scaturenti a Francoforte. L’autonomia formale tuttavia era necessaria e opportuna, perché già i Rotschild (da questo momento bisogna parlarne usando il plurale) avevano lucidamente intuito, con la pronta intelligenza, capace di far loro intravedere i sviluppi politici del continente, che non sarebbe stato lontano il giorno nel quale l’Inghilterra avrebbe cessato di essere amica della dirimpettaia Francia. Stava sorgendo l’astro Napoleone che tanta importanza avrebbe avuto negli sviluppi della casa Rotschild. Natam, dunque, faceva apparentemente per conto proprio, mentre la banca di Francoforte diveniva anche agente del Governo di Prussia, sempre per le attività consuete: sconto di lettere di cambio, esazione di imposte, collocamento di capitali a breve termine, come allora si usava. E sempre Rotschild (il vecchio) stava accanto al langravio, del quale mai aveva cessato di coltivare l’amicizia, curandone parte dei molteplici affari, nonostante che il mutevole elettore ogni tanto tornasse all’antica diffidenza e non si peritasse dal comportarsi conseguentemente. Sempre ossequioso, sempre deferente, sempre obbediente, Rotschild “incassava”, sgarbi e scortesie, non allontanandosi mai dalla comoda anche se talora un poco umiliante greppia del tirannello locale. Al quale nel 1803 fece combinare un grosso affare il primo esempio di prestito a lungo termine da Stato a Stato. Convinse cioè langravio (che, si torna a ripetere, era ricchissimo, e dedicava agli affari le cure maggiori) a prestare una grossa somma alla Danimarca. Intermediario naturalmente era Rotschild. Effettuata positivamente la prima operazione, altri prestiti a singoli Principi e a Stati seguirono, e ogni volta la provvigione di Rotschild era cospicua. Fino a quando non si risolse un giorno (ma ciò accadrà più tardi) a prestare danaro alla Danimarca anche in proprio, inaugurando così un nuovissimo sistema – il mutuo d’un privato a uno Stato! – che in tutto l’Ottocento sarebbe stato prediletto dalla dinastia dei Rotschild, dinastia finanziaria la cui gloria rifletteva di luce nuova dalla qualifica di finanziatrice di Re e di Governi.

[xiv] Xu He, Trattato di economia politica, Editore Mazzotta, Milano 1975, pagg. 551 e seguenti: In periodo di crisi, milioni e milioni di lavoratori sentono la mancanza dei  generi di prima necessità e soffrono la fame e il freddo proprio perché  hanno prodotto “troppi” generi alimentari, combustibili, ecc. … Dopo la seconda guerra mondiale, in condizioni di ulteriore aggravamento delle crisi generali del capitalismo, scoppiarono in America cinque crisi economiche: nel 1948, nel 1953, nel 1957, nel 1960 e nel 1969; quella del 1957-58 si ripercosse sul Giappone, sul Canada e sui principali paesi capitalistici dell’Europa occidentale e fu la prima crisi economica mondiale del dopoguerra…In fase di  crisi, una gran quantità di merci non trova uno sbocco, le giacenze s’ammassano nei magazzini, il capitale ruota con difficoltà e il saggio del  profitto cade rovinosamente, costringendo i capitalisti a contrarre la scala  della produzione, a licenziare un gran numero di operai e a ridurre l’orario  di lavoro e precipitando in uno stato di disoccupazione e semi-occupazione migliaia e migliaia di operai. La disoccupazione d’un gran numero d’operai  fornisce ai capitalisti le condizioni per comprimere ulteriormente i salari  degli operai occupati. In tal modo, in fase di crisi, cadono rovinosamente  il livello salariale degli operai e il totale dei salari. Allo stesso tempo, l’inaudito aggravarsi della concorrenza sul mercato, provocato dalle  difficoltà di smercio, fa fallire le vaste masse dei piccoli produttori le  cui forze concorrenziali sono più deboli…Ogni crisi economica è  responsabile di colossali distruzioni delle forze produttive e sospinge il  livello produttivo indietro di anni o addirittura di decine d’anni. Per  esempio, la crisi del 1929-33 fece abbassare del 44% il volume della  produzione industriale di tutto il mondo capitalistico, che fu respinto  grosso modo ai livelli del 1908-09…dal punto di vista dei settori  particolari, lo stato a cui fu sospinto il livello della produzione fu anche  più grave. Per esempio, in America, la crisi del 1929-33 fece tornare  indietro il volume dell’estrazione del carbone di 28 anni, il volume della  produzione di ferro di 36 anni, quello dell’acciaio di 31 anni… Contemporaneamente la crisi causava anche una serie distruzione delle  ricchezze materiali della società. Per esempio, durante la crisi del 1929-33  in America furono demoliti 92 altiforni, in Inghilterra 72, in Germania 28 e  10 in Francia. Nel 1933, in America furono distrutti 10.400.000 acri di  piantagione di cotone, furono ammazzati e buttati nel Mississippi 6.400.000  maiali e fu gettata nelle caldaie delle locomotive e bruciata una grande quantità di grano. In Brasile furono gettati in mare 22.000.000 sacchi di  caffè…In periodi di crisi, mentre vengono distrutte grandi quantità di ricchezze materiali della società, le vaste masse della popolazione lavoratrice trascorrono una vita miserabile e di stenti…un gran numero di imprese piccole e medie, le cui forze economiche sono più deboli, falliscono l’una dopo l’altra, non potendo normalmente sopportare i pesanti attacchi della crisi. Invece il numero delle grandi imprese, in particolare la minoranza delle imprese più grandi che dispongono di ingenti forze economiche e che possono ottenere grossi appoggi dallo stato borghese, che nella crisi falliscono e chiudono i battenti, è molto inferiore a quello delle imprese piccole e medie… In America, durante la crisi del 1960, in totale chiusero 15.668 imprese, in quella del 1969 chiusero 13.629 imprese, soprattutto medie e piccole imprese non monopolistiche, un gran numero delle quali, dopo la chiusura, furono annesse dai gruppi del capitale monopolistico… Il primo bersaglio delle crisi è la classe operaia, alla quale arreca enormi disastri…gli operai vivono grazie alla vendita della forza-lavoro e la perdita del posto equivale alla perdita del diritto alla vita per loro stessi e i propri familiari. Essi patiscono il freddo e la fame, finiscono agli angoli delle vie e alcuni sono costretti addirittura a imboccare la strada del suicidio o della delinquenza. Le crisi peggiorano anche le condizioni degli operai occupati. In periodo di crisi i capitalisti utilizzano la presenza di un gran numero di operai disoccupati per intensificare ulteriormente lo sfruttamento degli operai occupati, che si manifesta in primo luogo nella generale riduzione dei salari operai. Per esempio, nella crisi del 1929-33, il numero degli operai dell’industria americana di trasformazione scese del 38,8%, ma il totale dei salari del 57,7%.

 

[xv] Alexis de Tocqueville, La Rivoluzione, Sellerio editore, Palermo 1989, pag. 124: Per la prima volta, forse, dall’inizio del mondo, si vedono delle classi superiori che si sono tanto isolate e separate da tutte le altre, che si possono contare i loro membri e metterli da parte, come si separa la parte condannata di un gregge; delle classi medie, il cui sforzo non è di unirsi alle classi superiori, ma, al contrario, di preservarsi con cura gelosa dal loro contatto: due sintomi che, se si fosse giunti a capirli, avrebbero annunciato a tutti l’immensità della Rivoluzione che stava per compiersi o piuttosto che era già fatta.

[xvi] Vladimir Ilic Ulianov, detto Lenin, “Rapporto sul programma del partito”, 19 marzo 1919, VIII Congresso del PCR(b), Editori Riuniti, Opere Complete, Roma 1967, Volume 29, pag. 150: Se Marx diceva della manifattura che essa è una sovrastruttura della piccola produzione di massa, l’imperialismo e il capitalismo finanziario sono una sovrastruttura del vecchio capitalismo. Se se ne demolisce la cima, apparirà il vecchio capitalismo. Sostenere che esiste un imperialismo integrale senza il vecchio capitalismo, significa prendere i propri desideri per realtà. E’ un errore naturale nel quale si cade molto facilmente. Se ci trovassimo di fronte a un imperialismo integrale il quale avesse trasformato da cima a fondo il capitalismo, il nostro compito sarebbe centomila volte più facile. Avremmo un sistema nel quale tutto sarebbe sottomesso al solo capitalismo finanziario. Non ci resterebbe allora che sopprimere la cima e rimettere il resto nelle mani del proletariato.

[xvii] Paolo Ferrero e Angela Lombardi, La primavera di Melfi cronaca di una lotta operaia, Edizioni Liberazione, Roma 2004.

[xviii] Simone Di Meo, Marco Chiocci, comandante Vincenzo Canterini, Diaz dalla gloria alla gogna del G8 di Genova la verità sulla sanguinosa notte nel racconto di uno dei responsabili dell’ordine pubblico, Editore Imprimatur, Roma 2012.

[xix] PTB (Partito del lavoro Belga), Incontro tra partiti Comunisti centro europei. Il contributo portato dal compagno Jo Cottenier, membro dell’Ufficio politico del Partito e responsabile dossiers socio-economici su http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-europa/7824-incontro-comunista-europeo-contributo-del-partito-del-lavoro-del-belgio-ptb.html: La concentrazione e centralizzazione del capitale non si realizzano più a livello nazionale, ma innanzi tutto a livello europeo. La sovrastruttura segue inevitabilmente lo sviluppo della struttura…lavoriamo da sette anni agli incontri con quattro partiti comunisti dei paesi vicini, quello di Germania, dei Paesi Bassi, del Lussemburgo e del Belgio…ci chiediamo del resto, se le ripercussioni internazionali delle lotte e manifestazioni in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia e Francia non sarebbero molto più grandi se i lavoratori potessero unificarsi intorno a parole d’ordine europee comuni?

[xx] Giovanni Barozzino, Ci volevano con la terza media, Editori Riuniti, Roma 2011, pag. 31, 32, 140 e 141.


CRISI DEL MONOPOLISMO-2

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