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PER NON DIMENTICARE

La decisione, da parte del governo francese, apparsa sui quotidiani di oggi, di vietare l’ingresso in Francia ai tifosi laziali perché violenti, filo-nazisti e razzisti e, nella speranza che essa possa essere imitata dalle altre nazioni europee che hanno subito l’ignominia e l’oppressione nazi-fascista, ci ha richiamato alla mente la bellissima lettera aperta, che qui riportiamo, dello scrittore e letterato Antonio Tabucchi, inviata al Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi, in occasione della ricorrenza del 25 aprile 2001.

La Redazione del Centro Gramsci di Educazione

Teramo 02-11-2021

24 aprile 2001

Illustrissimo Signor Presidente,

Domani è il 25 aprile, giorno della Liberazione dal fascismo, della vittoria degli alleati sui nazifascisti e dei partigiani sui repubblichini, diventato proprio per questi motivi, la festa nazionale, cioè di tutti gli italiani. Perché sull’antifascismo è fondata la nostra Repubblica e in esso si riconosce la nostra Patria.

Circa tre anni fa mi è capitato di assistere alla cerimonia dell’ingresso delle spoglie mortali dello scrittore André Malraux nel Panthéon di Francia. La cerimonia era presieduta da Jacques Chirac, presidente della Repubblica, che rappresentava la destra francese, politicamente seguace del partito di quel generale de Gaulle, di cui Malraux era stato ministro, che assieme alle sue truppe, con i partigiani francesi, aveva liberato la Francia dagli invasori nazisti. Ma Chirac non introduceva nel Panthéon un ex ministro di de Gaulle (altrimenti a tutti gli ex ministri spetterebbe un onore simile), bensì un eroe nazionale: il Malraux che da antifascista aveva combattuto nella guerra civile spagnola contro il franchismo e da partigiano nelle formazioni dell’Alsazia contro i nazifascisti. In quella cerimonia l’orchestra, al momento dell’ingresso del feretro nel Panthéon, eseguì l’inno partigiano e la Marsigliese.

L’antifascismo, in Francia come in Italia, non è infatti un «optional»: è un tratto comune delle democrazie europee del dopoguerra. In Francia, non accettare il principio dell’antifascismo significa essere esclusi dalla vita politica, secondo una rigidissima «convention ad excludendum» (modellata nel Front  Républicain) voluta proprio dalla destra gollista (destra niente affatto morbida); e Jacques Chirac ha preferito perdere le elezioni pur di tener fermo che non si chiedono i voti del partito di Le Pen. E che si possano fare accordi con Le Pen, seppure «tecnici» o sottobanco, è ipotesi che non viene discussa in Francia neppure come tema accademico. De Gaulle ha imposto l’antifascismo come orizzonte comune invalicabile non solo dell’essere democratici ma addirittura dell’essere francesi: chi flirta con ogni formula di revisionismo fascistizzante o fascistoide, chi giustifica in qualche modo le ragioni di Vichy è considerato un traditore della Patria.

Anche in Germania l’antifascismo è in Costituzione, è reato penale negare o ridimensionare lo sterminio del popolo ebreo (così come degli zingari, degli omosessuali, degli handicappati, degli oppositori politici a Hitler). In Spagna, anche quei rappresentanti della destra o esponenti che appartennero all’ala morbida del franchismo mai oserebbero oggi rivendicare tale regime. In Portogallo la festa nazionale (25 aprile anche lì) è la festa della Rivoluzione dei Garofani, cioè della liberazione dal salazarismo, e l’attuale destra portoghese mai si sognerebbe di rifarsi ai principi di quel regime  fascistoide. Sarebbe superfluo nominare il Belgio, l’Olanda e la Danimarca, le cui democrazie escludono fermamente ogni rigurgito dei fascismi.

L’antifascismo, dunque non è un «optional» per nessuno, bensì l’irrinunciabile orizzonte comune dell’attuale cittadinanza democratica europea. Ora succede che nel nostro Paese, la cui Costituzione nasce dalla Resistenza e si fonda sull’antifascismo, la destra italiana guardi al nazifascismo con rinnovato affetto, tanto da consentire che i seguaci di quella ideologia che ha portato nella nostra Europa stermini e sciagure vengano legittimati, vezzeggiati, coltivati, permettendo loro una sfacciataggine e un’arroganza che lede la nostra Costituzione. Anche il partito dell’on. Berlusconi, come hanno denunciato con allarme Alessandro Galante Garrone e Paolo Sylos Labini, ha compiuto il passo decisivo di un abbraccio funesto che lo qualifica apertamente come destra antidemocratica e parafascista, e proprio per questo si autoesclude dai valori dell’Europa: l’alleanza elettorale con il movimento del nazifascista Pino Rauti, soggetto peraltro ancora indagato per strage dalla magistratura della Repubblica.

L’anno scorso, Signor Presidente, Lei è andato – come avevano fatto i suoi predecessori Sandro Pertini e Oscar Luigi Scalfaro – a rendere omaggio a nome dell’intera Nazione alle 560 vittime trucidate dai nazisti a Sant’Anna di Stazzema, in provincia di Lucca, Comune medaglia d’oro al valor militare. Lei conosce la storia di quell’eccidio, ma mi permetta di ricordarlo ai lettori che ne fossero eventualmente ignari. I nazisti, in assetto di guerra e muniti di lanciafiamme, mossero da tre parti. Una formazione partì da Valdicastello, una seconda da Pietrasanta e una terza, dopo aver assassinato il parroco del paese, mosse da Mulina di Stazzema.

Ecco quello che accadde nelle parole dello scrittore viareggino Manlio Cancogni, quando i nazisti arrivarono in paese: «Gli abitanti erano spinti negli anditi, nelle stanze a pianterreno e ivi mitragliati e, prima che tutti fossero spirati, era dato fuoco alla casa; e le mura, i mobili, i cadaveri, i corpi vivi, le bestie nelle stalle, bruciavano in un’unica fiamma. Poi c’erano quelli che cercavano di fuggire correndo tra i campi, e quelli colpivano a volo con le raffiche di mitragliatrici, abbattendoli quando con un grido d’angoscia e di speranza erano già sul limitare del bosco che li avrebbe salvati. Poi c’erano i bambini, i teneri corpi dei bimbi ad eccitare quella libidine pazza di distruzione. Fracassavano loro il capo con il calcio della pistol-machine, e infilato loro nel ventre un bastone, li appiccicavano ai muri delle case. Sette ne presero e li misero nel forno preparato quella mattina per il pane e ivi li lasciarono cuocere a fuoco lento. E non avevano ancora finito. Scesero perciò il sentiero della valle ancora smaniosi di colpire, di distruggere, compiendo nuovi delitti fino a sera».

Leggo sui giornali l’annuncio inaudito di un fatto, che promette di realizzarsi senza che le nostre Istituzioni facciano qualcosa per impedirlo: il 25 aprile a Lucca, a pochi chilometri dal luogo di quell’eccidio, i neofascisti di Forza Nuova, con la complicità del sindaco di Forza Italia (Alleanza di Forze, a quanto pare), signor Pietro Fazzi, celebreranno il gerarca fascista Pavolini in una palazzina comunale. Analogamente la stessa forza neofascista, sempre il 25 aprile, intende omaggiare Mussolini a Piazzale Loreto. Si tratta di manifestazioni di spregio alla Costituzione e alle leggi della Repubblica da parte di un neofascismo che nel nostro Paese ormai avanza a volto scoperto usufruendo di un’incolumità sorprendente. E’ un momento molto grave, e i cittadini non possono essere indifferenti alla scelta tra fascismo e antifascismo, né tantomeno equidistanti o neutrali. La nostra democrazia è giovane e fragile, è necessario dedicarle la massima vigilanza.

Illustrissimo Signor Presidente, una dei motivi della fiducia che ho in Lei e nella sua imparzialità, e che mi spingono perciò a scriverLe, è proprio il suo passato antifascista. Lei, che ha contribuito a portare economicamente l’Italia nell’Europa, sa anche  che tale Europa è una realtà politica concreta e operante. L’Europa non accetterà che vengano irrise le conquiste della democrazia in un Paese come l’Italia, così come non lo vogliono tutti i cittadini che sono fedeli alla Costituzione della Repubblica.

Con rispetto

Antonio Tabucchi

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