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ASPETTANDO IL NUOVO CROLLO DI WALL STREET di Piero De Sanctis

Durante la grande manifestazione della Marcia della Pace di Perugia-Assisi del 24 aprile scorso, il missionario comboniano Alex Zanotelli ha affermato, senza ambagi, che in questa guerra, tra Stati Uniti e Russia, non ci sono vincitori. C’è solo la vittoria del colosso militare-industriale americano, che ha accumulato montagne di profitti con la vendita delle armi. Con queste poche parole il missionario Zanotelli ha disvelato il segreto di tale guerra. Il militarismo moderno americano (meglio noto come gendarme del mondo), è il prodotto più genuino dell’imperialismo nel suo duplice aspetto: nei conflitti militari aggressivi nel suo aspetto esterno e, come arma interna di cui si serve per reprimere ogni specie di movimento (economico e politico) della classe operaia.

Gli Stati Uniti investono, nel campo militare, quanto l’Europa, la Gran Bretagna, la Cina e la Russia messe insieme. Le spese militari Usa ammontano a 814 miliardi di dollari l’anno, contro i 61 miliardi di dollari annui della Russia. Forze militari statunitensi sono inoltre presenti nel 70% dei paesi mondiali e, mantengono oltre 800 basi militari all’estero. I profitti delle società statunitensi nell’economia globalizzata sono letteralmente esplosi. Nel suo interessante libro Lotta o declino Noam Chomsky afferma che «il potere d’acquisto attuale dei lavoratori americani non specializzati è del 4% inferiore rispetto agli anni Settanta, che la produttività del lavoro è raddoppiata, i salari si sono ridotti, mentre la ricchezza confluisce sempre di più nelle tasche di pochi».

La ricchezza accumulata dalle grandi multinazionali americane è quasi pari a quella accumulata dagli Stati Uniti, all’apice del loro massimo splendore, cioè alla fine della Seconda guerra mondiale, quando spadroneggiavano in quasi tutto il mondo, terrorizzando i popoli brandendo l’arma nucleare. Il loro dominio sul mondo, basato sulla potenza militare, era tale da non consentire a nessuna altra nazione, pena la distruzione della stessa, di superarli e neanche di eguagliarli militarmente. Nell’ambito di questa strategia, gli avvenimenti politici più importanti che accaddero (come lo scioglimento dell’Urss per opera di Gorbaciov nel dicembre del1991 e la proclamazione, nello stesso anno, dell’indipendenza dell’Ucraina), consentirono alla Nato di espandersi verso Est, violando gli accordi presi con Gorbaciov.

Approfittando della sua superiorità militare del momento e della debolezza della Federazione Russa, la Nato sostenne nell’Ucraina una serie di colpi di stato: dalla “rivoluzione arancione” (2004) a quella di Majdan (2014), cercando di costruire un’identità ucraina non sul riconoscimento e la valorizzazione del suo essere terra di confine e quindi di convivenza  amichevole con la Russia, ma sulla contrapposizione ai russi e alla Russia e, sulla devozione agli Stati Uniti, alla Nato e al Fondo Monetario Internazionale. L’avvio all’interno della società ucraina di una politica discriminatoria e persecutoria verso le popolazioni di lingua russa e alle minoranze cosiddette russofone ha prodotto l’orribile strage di Odessa del maggio 2014. Oggi siamo arrivati ad un punto tale che Biden possa dire, impunemente, che è auspicabile un colpo di stato per eliminare Putin. È il sogno americano! È come tutti i sogni finirà all’alba.

Nel libricino Mein Kampf di Hitler, del 1925, si illustra quale tipo di Germania proponga, nonché quale ordine mondiale intenda costruire, immagina, nel suo delirio di onnipotenza, innanzitutto che bisogna distruggere la Francia perché essa è «l’inesorabile nemico mortale del popolo tedesco» che ci impedisce di espanderci verso Est. «Se vogliamo più territorio in Europa, ciò non può avvenire che a spese della Russia, e ciò significa che il nuovo Reich dovrà mettersi in marcia sulla strada dei Cavalieri Teutonici per conquistare con la spada il suolo che l’aratro tedesco coltiverà per dare il pane quotidiano alla nostra nazione…Il colossale impero dell’Est è maturo per il crollo, e la fine del dominio ebraico in Russia sarà anche la fine della Russia quale Stato». Queste elucubrazioni saranno poi riprese dai nazisti negli anni 1934-1935 per preparare gli animi al progetto di “liberazione” dell’Ucraina. Una menzogna sopravvissuta ai suoi ideatori nazisti per diventare poi, un’arma degli americani fino ai nostri giorni.

Tuttavia, accanto, e intrecciata con l’attuale guerra armata per via delle sanzioni americane ed europee, esiste una guerra finanziaria contro la Russia. Ora è risaputo, anzi storicamente noto, che le sanzioni fanno più male agli stati sanzionatori che a quelli sanzionati. Nei Sancta sanctorum dei forzieri delle più grandi banche finanziarie del mondo capitalistico, assetati di sempre crescenti profitti, ormai regna una sorta di cupio dissolvi al solo pensiero di dover rinunciare alla dittatura del dollaro.  

È ormai lontano il tempo del dollaro che primeggiava negli scambi internazionali e della sua convertibilità in oro, secondo il rapporto un’oncia = 35 dollari. Oggi il dollaro è totalmente staccato dalla realtà economica americana, da qualsiasi valore oggettivo di riferimento e della sua convertibilità in oro.   Nel 1971 con due guerre perse (Corea e Vietnam) e, la minaccia di molti paesi (Francia in testa) che pretendevano la restituzione in oro dei loro dollari, Nixon decide di abolire l’ancoraggio del dollaro all’oro. La fede nel dollaro deve essere cieca, diceva allora Wall Street. Il dollaro, ormai libero da qualsiasi legame con i beni materiali, fu stampato in enormi quantità, e quindi se ne determinò il crollo.  Solo un accordo salvifico con l’Arabia Saudita, che avrebbe venduto il petrolio solo in dollari ad un prezzo quadruplicato, in cambio di una difesa militare ai Paesi dell’Opec, il dollaro poté essere salvato. L’egemonia finanziaria del dollaro fu dunque ristabilita per via della forza militare e tecnologica degli Stati Uniti. La nascita della globalizzazione e del dominio del dollaro è dunque basata su tre pilastri: forza economica, tecnologica e militare.

Nel 2000 nasce in Europa la moneta unica dell’euro. «Un altro segreto di cui pochi sono al corrente –dice lo scrittore cinese Qiao Liang nel suo interessantissimo libro L’Arco dell’Impero – è, che dopo il lancio dell’euro, nel novembre del 2000, Saddam Hussein annunciò che le esportazioni di petrolio iracheno sarebbero state regolate con la nuova moneta. Questa mossa, in pratica, metteva in discussione il dollaro come valuta di regolamento del petrolio, con il risultato che il presidente Bush Jr. mandò Saddam alla forca in una guerra asimmetrica.  Il primo decreto emesso dal governo dell’Iraq “democraticamente” eletto, istituito sotto il fuoco degli Stati Uniti, fu di tornare al dollaro Usa per il commercio del petrolio iracheno». Né si può dimenticare la distruzione dell’alleanza Sudan-Libia-Egitto, sotto la guida di Mubarak, Gheddafi e Bashir, per stabilire un nuovo sistema finanziario sostenuto dall’oro, al di fuori del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, per lo sviluppo dell’Africa. La distruzione della Libia da parte della Nato, la spartizione del Sudan e il cambio di regime dell’Egitto posero fine alla alleanza suddetta.

L’attuale guerra per “procura” che gli Stati Uniti conducono contro la Russia utilizzando l’Ucraina (secondo Biden nessun soldato americano morirà per l’Ucraina) è la migliore prova della nuova strategia americana, non più basata, come ai vecchi tempi, sui cannoni, le portaerei e gli eserciti, per difendere i propri interessi nazionali, ma sull’egemonia finanziaria del dollaro. La guerra è solo un mezzo per raggiungerla. Altrimenti non si capirebbe per quale ragione i paesi europei si ostinino a non pagare il prezzo del gas e del petrolio russo, in rubli.

L’anno 2007 è stato l’anno dei grandi profitti per la finanza globalizzata americana. La J.P. Morgan e la Goldman Sachs annunciarono profitti da favola. Pochi mesi dopo ci fu il crac della Lehman Brothers, la più grande banca d’affari degli Stati Uniti, accusata di aver immesso i famigerati mutui subprime causando la più grande crisi finanziaria dopo quella del’29. Uno tsunami di enorme proporzione dal quale, ancora oggi, l’America non è riuscita a venirne fuori pienamente. Nonostante fossero accorsi inutilmente al capezzale del morente i più famosi premi Nobel dell’economia, gli americani, pur ignorando ancora i nomi dei veri responsabili della crisi, sanno perfettamente quanto Wall Street ha ricevuto per il suo salvataggio dal governo: 700 miliardi di dollari, oltre 300 miliardi di dollari sono andati alle due finanziarie Fannie Mae e Freddie Mac Quali insegnamenti possiamo trarre da questa moderna guerra finanziaria?

 Primo: il governo degli Stati Uniti è stato costretto a salvare il mercato finanziario dal “ricatto” e dal “sequestro” di Wall Street, ovvero Wall Street ha “preso in ostaggio” il governo degli Stati Uniti e tutta l’America.  Secondo: gli Stati Uniti e il governo americano, a loro volta, “hanno preso in ostaggio” il resto del mondo sulla base dell’egemonia mondiale del dollaro. Non è stato forse il governo americano a lasciare che Wall Street emettesse una infinità di derivati finanziari tossici, infettando il mondo intero in nome dell’innovazione finanziaria e, scaricare così la sua crisi finanziaria sulle altre nazioni? Usando con metodo le leve del Quantitative Easing, (cioè dell’aprire e chiudere i rubinetti del flusso di dollari in circolazione da parte della Federal Reserve), dell’aumentare o diminuire dei tassi d’interesse e dell’uso miserevole della leva dell’inflazione, gli Stati Uniti sono riusciti a diventare i padroni della finanza del mondo. Questo meccanismo, (che ha permesso agli Stati Uniti in questi ultimi decenni, di raddoppiare il proprio Pil a spese delle altre nazioni), è ciò che gli Usa vogliono ancora utilizzare, con la guerra per procura alla Russia.

Nel suo libro le conseguenze economiche della pace, parlando della situazione monetaria dell’Europa dopo la Prima guerra mondiale, John Maynard Keynes scrive: «Lenin ha detto che la via migliore per distruggere il sistema capitalistico è svilire la moneta.  Mediante un continuo processo di inflazione i governi possono confiscare, segretamente e inosservati, una grossa parte della ricchezza dei loro cittadini. Con questo metodo non solo confiscano, ma confiscano arbitrariamente, e il processo, mentre impoverisce molti, arricchisce alcuni. Nessuno può sovvertire il potere in modo così furtivo e affidabile come l’inflazione che nemmeno una persona su un milione è in grado di diagnosticare». Per gli Stati Uniti il dominio del dollaro è, dunque, una questione di sopravvivenza nazionale ed è, allo stesso tempo, la pietra angolare della sua strategia per il saccheggio del mondo. Essa ha dato vita a un’epoca di colonialismo finanziario senza precedenti nella storia dell’umanità.

Nell’attuale guerra tra la Russia e gli Stati Uniti appare sempre più evidente quale siano gli scopi  di quest’ultimi: impedire che si possa arrivare ad una politica di stretta collaborazione e di amicizia tra la Russia e l’Europa; peggiorare il clima degli investimenti europei attraverso la crisi in Ucraina (anche attraverso una guerra civile) , con il risultato che, mentre trilioni di dollari di capitale  sono stati ritirati  dall’Europa e sospinti verso le casse americane, in Europa, di conseguenza,  è già in atto una crisi economica. Il distacco dal dominio del dollaro è diventato, dunque, il problema centrale di tutte le nazioni euro-asiatiche.

Ai primi di dicembre del 2021, Xi Jinping e Vladimir Putin, hanno espresso l’esigenza di accelerare il processo di formazione di nuove strutture finanziarie indipendenti, al servizio degli scambi commerciali di Russia e Cina. Venerdì 11 marzo scorso l’Unione economica euroasiatica (Eaeu, composta da Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia) e la Cina hanno concordato di progettare, sia il meccanismo per un sistema monetario e finanziario internazionale indipendente che, quello di libero scambio con le altre nazioni euroasiatiche.

Non ci resta, allora, che aspettare il prossimo crollo di Wall Street.

 

 Teramo 03 maggio 2022

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