LENIN E I LENINISTI di Maurizio Nocera
Scrivere oggi una nuova biografia di Vladimir Ilic Ulianov, per intenderci Lenin, oppure scrivere della Rivoluzione dell’Ottobre Rosso, o del Partito Bolscevico, o ancora della fondazione e costruzione dell’Unione Sovietica (e della sua fine per il tradimento revisionista), significa ripetere e ripetersi su date e eventi conosciuti da molti. Basta andare su internet e si trovano migliaia e migliaia di saggi e articoli che parlano di tutto ciò. Altra cosa invece è parlare di Lenin e dei comunisti leninisti e vedere come sono organizzati, come agiscono, cosa fanno in una situazione internazionale che più ingarbugliata di così com’è non si può.
Ad ingarbugliarla è stata ed è la borghesia imperialista finanziaria. Marx ed Engels l’avevano previsto quando scrissero che, all’epoca del capitalismo morente, la borghesia non avrebbe potuto fare altro che affidare a sé stessa il comando del timone, cioè che sarebbe stata costretta a governare in prima persona qualsiasi sistema produttivo esistente. Di qui l’adagio: “ad un certo punto dello sviluppo produttivo, il re diventa nudo”, oppure “il re è nudo”. Vale a dire che essa, la borghesia imperialista finanziaria s’intende, non ha più bisogno di farsi rappresentare da questo o quel rappresentante politico, ma decide di governare essa stessa direttamente. È quello che è accaduto negli ultimi 50 anni, ad iniziare dal capitalista neofascista e mafioso Berlusconi che, mandando all’aria qualsiasi “rappresentante politico”, decise di scendere in campo egli stesso, affermando «adesso l’azienda Italia la dirigo io e vedrete come funzionerà bene». Altro che bene! Oggi l’Italia, con al governo i suoi eredi neonazifascisti, è una sorta di scolapasta con molti buchi, dove è ormai difficile capire cosa è rimasto del patrimonio Italia e cosa invece è stato venduto all’imperialismo del moribondo Occidente. Si tratta di una sorta di cadavere putrescente di cui non sappiamo quale sarà e come sarà la sua ultima ora.
Ecco. In questa situazione che, come si dice, è di tecnologismo accelerato sono sorti non pochi opportunisti con in mano il maus e tanti altri parolai che ora si dichiarano essere novelli Mao, oppure nuovi Lenin. Nessuno però che abbia l’umiltà di dire che sta semplicemente lavorando per contribuire a gettare le fondamenta per la rinascita del movimento rivoluzionario marxista e leninista e la costruzione di un autentico partito comunista in Italia, unica soluzione a spazzare via dalla faccia della Terra tutti gli imperialismi, tutti i capitalismi, tutti gli opportunismi.
Sicuramente nel nostro Paese vi sono non pochi comunisti leninisti, organizzati in associazioni, o in partiti oppure in solitario che praticano una politica rivoluzionaria e leninista. Nulla si può o si deve escludere. Tutti hanno diritto di parola, perché oggi noi siamo all’alba della rinascita del movimento leninista. Noi qui, però, intendiamo dare il nostro contributo al nascente dibattito: mi riferisco ai comunisti leninisti del Centro Gramsci di Educazione e Cultura con sede a Teramo e con un proprio sito in internet.
L’attuale Centro Gramsci di Educazione e Cultura nacque nell’inverno 1991-92, con denominazione Centro Lenin-Gramsci. La sua fondazione avvenne dopo lo scioglimento del Partito comunista d’Italia (marxista-leninista) (Pcd’I m-l) (Roma, settembre 1991) e, sull’onda del movimento della rifondazione per un nuovo partito comunista, depurato dalle scorie del revisionismo storico e moderno di tipo kruscioviano-gorbacioviano. Nacque anche sulle macerie del sistema politico-economico fondato sull’interclassismo capitalista di tipo keinesiano. Fu un atto politico che mirava a tenere uniti quei militanti che per decenni avevano speso la propria vita nella difesa dei principi politico-filosofici del marxismo-leninismo. Primo presidente fu il leninista Fosco Dinucci che, per 25 anni, era stato segretario generale del Pcd’I (m-l). Fu lui che ci indicò di chiamarlo Centro Lenin-Gramsci, perché – disse – tale denominazione indicava il carattere proletario internazionalista (Lenin) e il carattere nazionale italiano (Gramsci).
Oltre a Dinucci, a fondate il Centro furono: Ennio Antonini, Carlo Cardillicchio, Angelo Cassinera, Raffaele De Grada, Piero De Sanctis, Ada Donno, Vito Falcone, Antonio Gabriele, Mario Geymonat, Gennaro Giansanti, Luigi Meriggi, Maurizio Nocera, Pietro Scavo. Alla sua fondazione, anche se nessuno dei fondatori formalmente prese la decisione di eleggere o nominare un presidente, tutti i soci ebbero come punto di riferimento Fosco Dinucci. Successivamente, dopo la sua scomparsa (27 aprile 1992), assunse la presidenza il comunista leninista togliattiano Raffaele De Grada (noto critico d’arte), che diresse il Centro per oltre un quindicennio fino alla sua morte (Milano, 1° ottobre 2010). A De Grada successe il comunista marxista-leninista Mario Geymonat (latinista di fama mondiale), che diresse il Centro fino alla sua morte (Venezia, 17 febbraio 2012). A lui successe il comunista leninista Vittorio Pesce Delfino (scienziato di fama mondiale), che diresse il Centro fino alla sua morte (Bari, 27 aprile 2016). A Vittorio Delfino Pesce è succeduto il già senatore comunista Luigi Marino, tuttora in carica. Direttore e motore del Centro Lenin-Gramsci prima, del Centro Gramsci di Educazione e Cultura poi, è stato sempre il marxista-leninista Ennio Antonini che, fino alla fine dei suoi giorni (Nereto, 26 aprile 2019), ha dato tutto se stesso per la promozione del pensiero leninista in Italia.
Sin dalle prime riunioni, il Centro Lenin-Gramsci si caratterizzò per la sua iniziativa unitaria nei confronti di tutti coloro che lottavano per cambiare in meglio il sistema politico italiano, contribuendo al cambiamento delle condizioni di vita e di lavoro delle masse lavoratrici a livello mondiale, vessate dall’azione pervicace dell’imperialismo e dei suoi apparati economici e militari. Le riviste del Centro sono state le riviste «La Via del Comunismo» e «Gramsci».
Oggi, 2025, il Centro compie 33 anni di presenza e di attività politico-culturale e continua a proporsi come momento di elaborazione collegiale su eventi e analisi economico-politiche che abbiano come punto di riferimento costante la condizione e lo stato della classe operaia e delle masse popolari. Senza negare la validità della parte sana della storia complessiva del popolo italiano, in particolare quella caratterizzata da momenti esaltanti come il Risorgimento del XIX secolo che unificò l’Italia; quindi la Resistenza al nazifascismo con la clamorosa sconfitta di quest’ultimo; la nascita della Repubblica e la promulgazione della Costituzione repubblicana, carta fondamentale dello nuovo stato fondato sul lavoro; il Centro continua a muoversi politicamente nel solco del leninismo gramsciano, producendo documenti (interessanti sono i saggi scientifici del compagno matematico Piero De Sanctis) e organizzando anche momenti collettivi di confronto pubblico democratico.
Si diceva che motore del Centro Gramsci è stato Ennio Antonini il quale, in un articolo – Lottare per unirsi, unirsi per lottare – il quale, a proposito di Lenin, ha scritto:
«L’opera di Lenin e dei bolscevichi sconfisse la nefasta influenza insinuatasi nel movimento operaio e portò alla vittoria della Rivoluzione d’Ottobre. La lotta del leninismo per l’unità e per la costruzione della Terza Internazionale e dei partiti comunisti, diede vita ad un immane capovolgimento dei rapporti di forza internazionali tra il proletariato e la borghesia, portando alla vittoria sul nazifascismo e alla nascita del campo socialista. Questa universale spinta propulsiva scosse l’intera società internazionale; in ogni continente masse enormi con alla testa i comunisti si mossero verso il riscatto e l’emancipazione sociale e nazionale; un’atmosfera nuova e più serena intervennero nei rapporti internazionali. Ciononostante, le forze dell’imperialismo e della borghesia riuscirono nuovamente a portare lo scompiglio e la divisione tra le fila del movimento operaio, del movimento comunista e tra le forze mondiali del socialismo».
È questa l’ingarbugliata situazione internazionale che abbiamo oggi sotto gli occhi. Situazione che Antonini la intuì immediatamente, scrivendo:
«Successivamente al secondo dopoguerra in Unione Sovietica, prese il sopravvento l’economicismo kruscioviano, che spezzò la pianificazione centrale con misure di policentrismo economico e decentramento produttivo, spacciate quest’ultime come riforme democratiche. Nel Pcus, in quanto partito unico, prevalse il pragmatismo contadinesco sullo spirito rivoluzionario della classe operaia. Fenomeno che contaminò tutto il movimento comunista internazionale, che venne investito da una forte recrudescenza del revisionismo», che di fatto favorì un’impennata crudele dell’imperialismo, che riuscì, nel 1991, ad affondare l’Unione Sovietica, fondata da Lenin.
Ecco, sono sufficienti questi richiami di Antonini per capire come il Centro Gramsci non si sia mai scostato da quelli che erano i principi raccomandati dal capo della Rivoluzione socialista. Per noi comunisti leninisti italiani appare evidente la dimensione straordinaria del pensiero e della pratica rivoluzionaria di Lenin, da noi mutuata attraverso il pensiero e la pratica rivoluzionaria di Antonio Gramsci, fondatore nel 1921 del Partito comunista d’Italia.
«Un Partito comunista – ha scritto ancora Ennio Antonini – che è rivoluzionario e leninista non quando è privo di riflessi di altre classi, del tutto inevitabile e normale, ma quando al proletariato è garantita nel partito stesso una funzione direttiva, perché classe rivoluzionaria».