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UN  FRONTE  UNITO  PER  LA  PACE di Piero De Sanctis

Mentre si inaspriscono tutte le contraddizioni economiche, militari e politiche delle nazioni del mondo, si addensano sempre più i pericoli di una nuova guerra mondiale. Come nel passato, l’imperialismo americano spinge di nuovo il mondo verso una nuova guerra globale e, come nel 1950, con l’aggressione della giovane Repubblica Popolare Cinese e della Corea, gli Stati Uniti si dichiararono in stato di “allarme generale” brandendo e agitando, davanti ai popoli atterriti, armi di distruzione e di sterminio. Così anche oggi, l’imperialismo pone ai popoli del mondo il terribile dilemma tra guerra o pace.

Il piano di aggressione imperialista, nei confronti della Cina e della Corea fallì, non solo grazie alla resistenza eroica opposta dei popoli cinesi e coreani ma, soprattutto dalla presenza di un grande fronte di massa e di popoli che, indipendentemente dalle loro opinioni politiche e religiose,  che fosse interesse di tutti salvare la pace. La storia ci ha mostrato più volte che le grandi crisi storiche e politiche possono avere uno sbocco positivo solo se, sul palcoscenico mondiale della lotta, c’è la presenza determinante delle grandi masse produttive, della cultura e della parte più viva della società. 

Con l’approssimarsi della Seconda guerra mondiale, nella primavera del 1932, per iniziativa di un gruppo di intellettuali, fu organizzato a Parigi il Comitato internazionale di lotta contro la guerra, rivolto agli intellettuali di tutti i paesi e agli operai dei più importanti centri mondiali dell’industria metallurgica, chimica e dei trasporti per eleggere delegati ad un congresso internazionale contro la guerra. In breve tempo si formarono comitati di iniziativa popolare in ogni parte d’Europa, guidati dalle più alte personalità della cultura  e della scienza: Paul Langevin, André Gide, Julien Benda, André Malraux per la Francia; Albert Einstein, Heinrich e Thomas Mann, Bertolt Brecht per la Germania; Bertrand Russell, Aldous Huxley per gli inglesi: Maximilian Gorki, Il’ja Erenburg, Boris Pasternak per i sovietici: Martin Andersen per la Danimarca; Gaetano Salvemini per l’Italia. Nonostante i vari divieti, le persecuzioni e gli ostacoli burocratici frapposti allo svolgimento del congresso dai vari governi occidentali, ad Amsterdam, dal27 al 29 agosto del 1932 si tenne il Congresso internazionale contro la guerra. Dei 5000 delegati eletti solo 2244 poterono raggiungere Amsterdam in rappresentanza di 25 nazioni. La maggioranza era composta da operai e intellettuali. Fu un evento di grande portata internazionale. Dopo Amsterdam si tennero congressi nazionali contro la guerra in Gran Bretagna, Bulgaria, Cecoslovacchia, Olanda, Svizzera; a Montevideo per i paesi dell’America Latina; a Copenaghen per i paesi scandinavi; a Shanghai per i paesi dell’Estremo Oriente.

Di fronte alla totale sottomissione dell’Unione Europea alla strategia made in Usa, alla sua rinuncia di avere una politica estera indipendente e autonoma da quella americana, al fallimento dell’incontro di Bruxelles del 24 marzo scorso tra i vertici della UE, della Nato e del G7, non possiamo non concludere che, ancora una volta, la strada della pace non può che essere quella della mobilitazione e dell’unità di tutte le forze operaie e popolari, laiche e cattoliche. Inoltre, l’assenza di una linea politica italiana nella Nato significa rinunciare ad avere delle proposte per la soluzione dei gravi problemi di politica internazionale che, oggi, stanno davanti al mondo. La lotta per la pace è il tema centrale che deve oggi dominare tutti i nostri dibattiti e tutte le nostre decisioni.

Tuttavia, il governo americano non sembra voler trarre nessuna lezione dagli innumerevoli fallimenti militari subiti e, mentre parla di pace, contemporaneamente minaccia l’estensione della guerra in Europa e farnetica persino di una guerra atomica preventiva contro la Cina, dimenticando che furono gli americani  a sganciare due bombe atomiche sulla popolazione civile giapponese nell’agosto del 1945, e accusa inoltre,la Russia di voler utilizzare in Ucraina bombe al fosforo bianco, ma dimentica  ancora che fu la Nato stessa ad usare, nel novembre del 2004, a Falluja, culla della resistenza antiamericana, bombardata per settimane, ad usare bombe al fosforo bianco da parte dei Marines appoggiati, come sempre, da truppe britanniche.

La strategia della Nato di accerchiamento militare della Russia, nel caso che non l’avessimo ancora capito, ce la spiega l’ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Usa Zhignuiew Brzezinski, il quale definiva l’Europa la «irrinunciabile testata di ponte geopolitica degli Usa nel territorio euro-asiatico». In effetti Brzezinski in un suo articolo del 1997, dal titolo La grande scacchiera, ha formulato in modo duro, inequivocabile, ma vero, gli interessi Usa sull’Ucraina: «Senza l’Ucraina, la Russia non è più un impero euro-asiatico…Se invece Mosca dovesse riconquistare il dominio sull’Ucraina con 52 milioni di abitanti, importanti risorse naturali e l’accesso al Mar Nero, la Russia otterrebbe automaticamente i mezzi per diventare un impero potente di estensione euro-asiatico».

Ecco svelato, in poche righe il segreto dell’attacco Nato contro la Russia. Ecco perché, sotto la copertura ideologica tra libertà e coercizione, tra democrazia e dittatura, si nascondono i reali interessi di classe di uno dei più grandi gruppi industriale-militari americani, i quali sanno bene che più armi si vendono  più si arricchiscono e, più si arricchiscono e più la guerra deve continuare (le spese militari degli Usa per il 2023 ammontano a 814 miliardi di dollari con un aumento del 4% rispetto al 2022)- E’ la logica di sempre dell’imperialismo  dalla quale  esso non può uscire.  Solo i grandi movimenti di massa per la pace riescono a spezzare.

Teramo 29-03-2022 

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