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MARX E LA LOTTA PER LA FONDAZIONE DEI PARTITI COMUNISTI di Piero De Sanctis

Studiare la storia per capire il presente
Marc Bloch

Il 28 settembre 1864 alla St. Martin’s di Londra fu fondata l’Associazione Internazionale degli Operai. In quell’incontro i rappresentanti operai inglesi, francesi, unitamente alle organizzazioni dell’emigrazione democratica e proletaria dei vari paesi, avevano eletto un comitato direttivo tra i cui componenti figurava il nome di Marx. La situazione storica creatasi a quel tempo, aveva convinto Marx che l’idea di solidarietà proletaria internazionale, da lui sempre instancabilmente propagandata, poteva finalmente trovare una sua espressione politica.

Occorre più volte ritornare col pensiero alle condizioni e alle cause che determinarono la nascita dell’Associazione Internazionale degli Operai, poiché, soltanto per questa via possiamo, oggi, spiegarci la necessità e la tendenza verso il socialismo di cui auspichiamo ad ogni istante, buoni presagi.

«Non era l’opera di un singolo, non era un piccolo corpo con una grossa testa, non era una banda di cospiratori senza patria, non era né una vana ombra né un mostro spaventoso, come asserivano, con grazioso avvicendarsi, gli araldi capitalisti punti da cattiva coscienza. Corrispondeva [l’Internazionale, ndr] ad uno stadio transitorio della lotta di emancipazione del proletariato e, la sua essenza storica determinò tanto la sua necessità quanto la sua transitorietà». (Franz Mehring). Da quella data, invece, si misura il corso della «nuova era», ripetendo quello che Antonio Labriola aveva detto commemorando, il 7 aprile 1895, Il Manifesto del Partito Comunista. In quel 28 settembre, circa duemila operai, gremivano la sala di St. Martin’s di Londra.

L’attività di Marx per l’organizzazione, l’unità e l’educazione delle masse operaie, si sviluppò proprio nel momento in cui egli pubblicava il primo Libro de Il Capitale, che contribuì, decisamente, a chiarire sia i maccanismi di funzionamento del modo di produzione capitalistico, che per acquisire maggiore coscienza della propria forza e quindi sviluppare nuove e più avanzate forme di lotta. La rivoluzione industriale, ormai allargatasi a diversi paesi dell’Europa occidentale aveva accresciuto la forza numerica della classe operaia. Lo sviluppo della grande industria capitalistica aveva portato ovunque ad un inasprimento dei contrasti sociali. Di questo gli operai avevano potuto rendersi conto quando, nel 1857, era scoppiata la prima crisi economica mondiale. Ovunque i capitalisti avevano cercato di scaricare la crisi sulle spalle dei lavoratori. Gli operai d’Inghilterra, di Francia e di altri paesi avevano risposto con scioperi a questo attacco del capitale.

La notizia della fondazione dell’Internazionale provocò orrore nelle classi dominanti. Il pensiero che anche gli operai reclamassero un ruolo attivo nella storia generò ribrezzo e furono numerosi i governi che ne invocarono l’eliminazione e la persecuzione con tutti i mezzi di cui disponevano. Le organizzazioni operaie che fondarono l’Internazionale erano molto differenti tra loro. Il centro motore fu il sindacalismo inglese. I suoi dirigenti, quasi tutti riformisti, erano interessati soprattutto a questioni di carattere economico. Essi lottavano per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, senza, però, mettere in discussione il capitalismo.

Nell’Internazionale erano presenti anche componenti estranee alle tradizioni socialiste, come Giuseppe Mazzini rappresentante del pensiero interclassista italiano, il tedesco Ferdinando Lassalle sostenitore di una posizione antisindacale che concepiva l’azione politica entro la cornice nazionale di una teoria «di socialismo-governativo» e «monarchico-prussiano». Ma il maggiore ostacolo sulla strada dell’acquisizione dell’esperienza della Comune, da parte dell’Associazione, fu l’ideologia anarchica la cui eliminazione, per Marx, rimaneva il compito principale cui assolvere. Se in Germania il grande avversario di Marx era formato dai lassalliani, in Francia e in Belgio, era svolto da Proudhon al quale Marx, con pazienza, aveva più volte spiegato molto bene, nel suo interessantissimo libro Miseria della filosofia, che i governi non comandano le condizioni economiche, ma che, all’inverso, le condizioni economiche comandano i governi.

«L’impresa politica di riuscire a far convivere tutte queste anime nella stessa organizzazione fu opera di Marx.

Fu Marx a dare una chiara finalità all’Internazionale. Fu Marx a realizzare un programma politico non preclusivo eppure fermamente di classe a garanzia di un’organizzazione che ambiva essere di massa e non settaria. Anima politica del suo Consiglio Generale, fu sempre Marx che redasse tutte le principali risoluzioni e, compilò tutti i rapporti preparatori per i Congressi…Grazie al suo grande prestigio che accompagnava il suo nome, egli fu nominato tra i 34 membri del Comitato Direttivo provvisorio dell’Associazione, dal quale, conquistatane la fiducia nel giro di poco tempo, si vide affidare il compito di scrivere l’Indirizzo Inaugurale (1864) e gli Statuti Provvisori dell’Internazionale». (Karl Marx di Marcello Musto, Einaudi 2018).

I primi contrasti si ebbero già alla Conferenza di Londra nel 1865 e al Congresso di Ginevra nel 1866 svoltosi tra il 3 e l’8 settembre, al quale Marx non poté partecipare a causa della correzione delle bozze del suo Primo Libro de Il Capitale, messo in commercio il 14 settembre 1867. Tuttavia, Marx, stilò un memorandum ai delegati del Consiglio generale provvisorio elencando i più attuali compiti dell’Internazionale: la lotta contro il ricorso da parte dei capitalisti ad operai stranieri in caso di scioperi; lotta per la giornata lavorativa di 8 ore; la limitazione della giornata lavorativa per bambini e adolescenti per la loro educazione fisica e intellettuale. Tale memorandum fu altamente salutato, successivamente, da Lenin che scrisse che esso: «indicava esattamente l’importanza della lotta economica, mettendo in guardia i socialisti e gli operai, da una parte, contro l’esagerazione (che si notava allora tra gli operai inglesi) e dall’altra, contro la sottovalutazione (che si riscontrava tra gli operai francesi e tedeschi, specialmente tra i lassalliani) dell’importanza di questa lotta».

Nel passare in rassegna questi primi anni di vita dell’Internazionale, Marx dice che «era andata meglio di quanto fosse d’aspettarsi», non rinunciò, però, nel contempo, ad indirizzare il suo sarcasmo contro i «signori parigini», i quali «avevano la testa piena delle più vane frasi pruodhoniane. Essi cianciano di scienza e non sanno nulla. Disdegnano ogni azione rivoluzionaria, cioè ogni azione che scaturisca dalla lotta di classe stessa. Ogni movimento sociale concentrato, tale che si possa attrarre con mezzi politici (come per esempio la riduzione della giornata di lavoro per legge). Col pretesto della libertà e dell’antigovernatismo o dell’individualismo antiautoritario – questi signori che da 16 anni hanno sopportato tanto tranquillamente il più miserabile dispotismo – predicano in realtà la volgare economia borghese soltanto proudhoniatamente idealizzata!…Proudhon conquistò e corruppe dapprima la “gioventù brillante” e poi gli operai, specialmente quelli parigini». (lettera a Kughelmann 9 settembre 1866).

Nel settembre del 1868, dal 6 al 13, si aprì a Bruxelles il III Congresso dell’Internazionale durante il quale fu approvata una risoluzione presentata dai delegati tedeschi che raccomandava agli operai di tutti i paesi lo studio de Il Capitale e favorirne la traduzione in altre lingue. Il Congresso fu una tappa decisiva nella storia dell’Internazionale. Fu presa la significativa decisione di proclamare l’esigenza della proprietà sociale della terra coltivata, come pure il passaggio a proprietà sociale di miniere, foreste, ferrovie, trasporti, canali, poste e telegrafi. Quel congresso costituì un decisivo passo in avanti nel percorso di definizione delle basi economiche del socialismo.

Ma se il III Congresso di Bruxelles fu l’inizio della svolta sociale dell’Internazionale, e quello dell’anno successivo, svoltosi, tra il 5 e il 12 settembre 1869, a Basilea, ne diede il definitivo carattere socialista, sradicando il proudhonismo anche dalla sua terra madre, da una parte, e dall’altra, fu l’inizio della più cruenta lotta contro l’anarchico russo Bakunin. Marx l’aveva già conosciuto nel 1843 a Parigi. Non essendo Bakunin riuscito a conquistare la direzione della Lega per la Pace, aveva fondato a Ginevra l’Alleanza della Democrazia, «la quale – scrisse Marx – era un pasticcio messo assieme superficialmente di destra e di sinistra…una olla putrida di luoghi comuni logori…chiacchiere spensierate, un corollario di trovate vuote che pretendono di essere orripilanti, una improvvisazione insipida calcolata unicamente per un certo effetto immediato».  Tanto Marx che Bakunin vedevano che la rivoluzione avanzava a passi veloci, ma mentre Marx scorgeva il nucleo principale del suo esercito nel proletariato della grande industria, Bakunin contava sulle schiere della gioventù declassata, delle masse contadine e del sottoproletariato.

Anche dopo aver dichiarato sciolta l’Alleanza, Bakunin la mantenne in vita come organizzazione segreta all’interno dell’Internazionale. La lotta ulteriore dei bakuninisti per assumere un ruolo dirigente in seno all’Internazionale rese palese i loro tentativi di riunire attorno a sé tutti gli elementi antimarxisti e gli esponenti della corrente riformista dei sindacati inglesi, con i quali Marx venne a trovarsi in seria divergenza.

La grande prima rivoluzione operaia della Comune di Parigi fu repressa nel sangue. Durante la settimana di sangue (21- 28 maggio 1871) furono uccisi durante i combattimenti 1000 comunardi. Fu il massacro più violento della storia della Francia. I prigionieri catturati furono oltre 43000 e 7000 profughi riuscirono a fuggire. La stampa conservatrice, liberale e governativa, accusò i comunardi dei crimini peggiori e la vittoria della “civiltà” sull’insolente causa dei lavoratori fu salutata con grande sollievo. Da questo momento, l’Internazionale fu nell’occhio del ciclone e venne ritenuta responsabile di ogni atto contro l’ordine costituito.

Dal 2 al 7 settembre del 1872 si aprì all’Aia il V Congresso dell’Internazionale in seduta aperta. Esso destò l’attenzione non solo della stampa internazionale, ma anche quella dei governi europei, che invasero l’Aia con i loro agenti. L’attenzione dei partecipanti alle sedute del congresso si accentrava in primo luogo sulle figure degli artefici della Comune di Parigi. Ma non minore attenzione attirava su di sé Marx, che era noto come capo politico e anima del movimento. Dopo un esame di una serie di questioni preliminari, si diede lettura del rapporto del Consiglio generale redatto dallo stesso Marx, e letto da lui stesso in tedesco, da Sexton in inglese e da Longuet in francese e da Abeele in fiammingo. In esso si dava un quadro delle persecuzioni cui veniva sottoposta l’Internazionale da parte dei governi, sfruttando una ignobile campagna di calunnie nei confronti dell’Associazione condotta dalla stampa asservita alle classi dominanti. Qualche delegato notò: «C’era da stupirsi che l’uragano che in quel momento devastava le Indie non venisse imputato alla sua azione diabolica».

Il congresso dell’Aia fu il punto più alto dello sviluppo dell’Internazionale per l’efficienza e prestigio, ma, al tempo stesso, fu anche il punto conclusivo della sua storia. Nella sua lettera a Kugelmann del 29 luglio, Marx scrive: «Al Congresso internazionale si tratta di vita o di morte dell’Internazionale, e prima che io ne esca, voglio almeno proteggerla dagli elementi disgregatori». Durante tutta la sua esistenza, sotto la direzione di Marx, l’Internazionale percorse un grande e glorioso cammino. Come Marx aveva previsto già dalla fondazione dell’Associazione Internazionale degli Operai, per la sua teoria dovette lottare ad ogni passo. Il principale ostacolo che impediva la coesione tra il comunismo scientifico e il movimento operaio era l’influenza liberal-borghese e riformistica-opportunistica sugli operai, nonché le varie forme di anarchismo settario. Col Congresso dell’Aia, si chiuse la storia dell’Internazionale, per quanto Marx ed Engels si sforzassero di mantenerla in vita. Essi fecero tutto ciò che era possibile per facilitare al nuovo Consiglio Generale di New York i suoi compiti.

L’anno seguente, in un discorso tenuto ad Amsterdam, Marx ritornò sulla questione della forma e della lotta politica: «Noi non abbiamo affatto preteso – disse Marx – che per arrivare a questo scopo i mezzi fossero dappertutto identici. Sappiamo quale importanza abbiano le istituzioni dei vari paesi, e non neghiamo che esistano dei paesi come l’America, l’Inghilterra e, se io conoscessi meglio le vostre istituzioni, aggiungerei l’Olanda, in cui i lavoratori possono raggiungere il loro scopo con mezzi pacifici. Se ciò è vero, dobbiamo, però riconoscere che, nella maggior parte dei paesi del continente, è la forza che deve essere la leva delle nostre rivoluzioni: è alla forza che bisognerà fare appello per instaurare il regno del lavoro». (Marx, Engels, vol. 18, pag. 154). Marx concluse il suo intervento dicendo: «Per quello che mi riguarda, continuerò il mio compito e lavorerò costantemente per fondare questa profonda solidarietà, feconda per l’avvenire, fra tutti i lavoratori. No, io non mi ritirerò affatto dall’Internazionale, e il resto della mia vita sarà consacrato, come i miei sforzi passati, al trionfo delle idee sociali che porteranno un giorno, siatene certi, l’avvento universale del proletariato».

P.S. Nel 1869 si riunì ad Eisenach un congresso nel quale parteciparono rappresentanti della maggioranza delle Associazioni della cultura, oltre a delegati delle sezioni tedesche dell’Internazionale ed elementi distaccati dell’Associazione Internazionale Operaia di Germania. In quel congresso fu fondato il Partito Operaio Socialdemocratico Tedesco. Il programma del partito era essenzialmente marxista, sebbene ancora si notassero influenze lassalliane. Il congresso di Eisenach aprì una nuova pagina nella storia del movimento operaio, non solo tedesco, ma anche internazionale, segnando l’inizio, così come previsto da Marx, della fondazione dei partiti operai di massa in vari paesi.

Dopo lo scioglimento dell’Internazionale la fama di Marx continuò ad espandersi col crescere del movimento operaio mondiale. «La I Internazionale – disse Lenin – aveva finito il suo compito e cedette il posto a un periodo nel quale lo sviluppo del movimento operaio in tutti i paesi del mondo fu incomparabilmente più potente, al periodo, cioè, del suo sviluppo in estensione, della creazione dei partiti operai socialisti di massa sulla base dei singoli Stati nazionali».

Teramo 16 giugno 2025

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