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LA GUERRA DEGLI STATI UNITI CONTRO LA RUSSIA E IL RUOLO ITALIANO-EUROPEO di Danilo Sarra ed Erman Dovis

“Il nostro paese e gli altri paesi hanno bisogno della pace, e così gli altri popoli del mondo intero. Soltanto certi gruppi monopolistici di qualche paese capitalista imperialista, i quali cercano di arricchire per mezzo dell’aggressione, aspirano alla guerra e non vogliono la pace.”

Mao Zedong ,  15 Settembre 1956

“Tensioni in Europa orientale e nel Mar Cinese meridionale…mi aspetto benefici.”

Greg Hayes, amministratore delegato di Raytheon, multinazionale statunitense del missile.

 

Il tempo è galantuomo.

A distanza di molti mesi dall’inizio del drammatico conflitto Stati Uniti- Russia, lo sviluppo del quadro internazionale ha chiarito definitivamente aspetti che neppure la propaganda occidentale riesce più a nascondere. Le recentissime provocazioni americane verso la Cina popolare attraverso Taiwan, i disordini orchestrati ancora una volta in Kosovo con le successive dichiarazioni bellicose di Stoltenberg, gettano una luce sulla politica guerrafondaia e aggressiva americana.

La verità è che la responsabilità principale di quanto avviene, da febbraio scorso ad oggi, risiede, innanzi tutto nel tentativo della Nato (che è controllata dagli Usa per l’80%) di estendersi fino alle porte di Mosca,  e nella politica estera degli Stati Uniti d’America di perseguire i suoi interessi economici, costi quel che costi, anche a scapito dei suoi più stretti alleati. 

Del resto la Nato tenta, dal 1992, di estendere la sua alleanza militare verso est nonostante le promesse di Washington di fermarsi in Germania e nonostante gli atteggiamenti supplichevolmente amichevoli dell’allora Russia di Eltsin.

A ben guardare, in quegli anni e fino agli inizi del 2000, la Russia aveva un atteggiamento di reale fiducia negli accordi verbali con gli Usa; Washington rimarcava, tuttavia, in ogni incontro ufficiale, che tali accordi, appunto, erano solo verbali.

Se le risate tra Clinton e Eltsin sembravano inaugurare un’epoca senza contrapposizioni, gli Usa, nel frattempo, approfondivano i loro interessi strategici nello spazio post-sovietico e facevano parlare gli alleati della necessità di “diversificazione di approvvigionamenti per la fornitura di idrocarburi da Mosca”. Erano, questi, gli anni in cui la Romania, l’Ungheria, la Polonia, ecc., entravano nella Nato.

I vari governi americani, fedeli interpreti degli insegnamenti del più grande colonialista della Gran Bretagna che la storia ricordi, Lord Palmerston, secondo cui gli amici di oggi possono essere i nemici di domani, poiché solo gli interessi restano nel tempo a determinare il corso della storia,  hanno circondato la Russia di basi militari Nato.  Nell’agosto 2008 gli Stati Uniti, dopo vistosi finanziamenti alla Georgia al fine di inglobarla nella Nato, forzarono  la mano e attraverso il governo georgiano mossero guerra cercando di impossessarsi di Abcasia ed Ossezia meridionale ma la reazione russa fu immediata e vittoriosa.

 Se oggi, Trump, Biden e Boris Johnson, si ergono a paladini della democrazia, dimenticano che solo ieri, la loro ricchezza e il loro sviluppo si fondò sulla pirateria sistematica, oggi considerata il più odioso dei crimini , e si può a buon diritto affermare, che fu la fonte di tutti gli investimenti stranieri britannici. Così come la tratta dei neri africani, schiavizzati nelle immense piantagioni di cotone, fu il petrolio della rivoluzione industriale americana.

Tuttavia costoro non si rendono ancora conto che il mondo è cambiato: il ritorno della Russia sullo scacchiere internazionale e l’affermarsi della Cina popolare come grande potenza mondiale, hanno distrutto l’egemonia statunitense. I due paesi hanno stabilito alleanze economiche allargandole ad altre nazioni emergenti (citiamo solo i Brics ad esempio), hanno stabilito rapporti di collaborazione in Africa ed in Oriente con tanti popoli, sulla base del reciproco interesse. Questa nuova fase ha certamente scalfito il potere degli Usa e notevolmente ridotto il suo giro d’affari ed i suoi commerci, ed è un fatto incontrovertibile, verificabile anche in studi recenti.

Questo è anche uno dei motivi per i quali le sanzioni che Usa ed Europa (che le ha più subìte che imposte) hanno fatto contro la Russia non sembrano funzionare. Esse sono state pensate con la presunzione di immaginare un mondo unipolare di trent’anni fa che oggi non c’è più. Torniamo ad esempio al 1995 e confrontiamo i governi dell’America Latina con quelli di oggi: all’epoca c’era solo Cuba mentre oggi l’intero continente è pressoché indirizzato sulla strada del socialismo e dell’interesse generale del popolo e collabora fattivamente con Russia e Cina. Dunque che effetto possono avere sanzioni in un’epoca di fatto multipolare che non risponde più come un tempo ai richiami di Washington?

Non si può tornare indietro, il processo multipolare è irreversibile, ma anche foriero di pericoli estremi da parte di chi non accetta di vivere e prosperare secondo il rispetto reciproco.

Il ruolo dell’Ucraina?

Essa si presenta al mondo per quello che purtroppo è: uno dei paesi più poveri d’Europa ma soprattutto un avamposto, un esperimento messo su da Usa e Nato per una guerra per interposta persona. Una pedina in un gioco più grande di lei, un territorio senza regole dove impiantare basi militari e biolaboratori, dove Chevron ed Exxon Mobil dal 2014 gestiscono buona parte dell’economia, con Monsanto e Cargill che stanno mettendo le mani su quello che una volta era chiamato il granaio dell’Urss. Dal 2014 in Ucraina c’è una ostilità crescente ed un atteggiamento aggressivo verso la Russia, unita ad una offensiva culturale politica e militare di estrema destra, che vede la messa al bando e la chiusura dei partiti di sinistra, comunisti e socialisti e, recentemente,  anche i raggruppamenti democratici di opposizione. C’è nel paese una presenza costante di fanatici paramilitari fascisti che terrorizzano e opprimono la popolazione, perseguitandola fino alle estreme conseguenze come avvenuto con il rogo di Odessa di qualche anno fa.

La situazione politica dell’Ucraina, a dispetto di come viene presentata dai Media occidentali, è molto simile ad una oligarchia sciovinista autoritaria, piuttosto che a una democrazia borghese di stampo occidentale. Non a caso un recente rapporto stilato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, connota l’Ucraina come una terra senza regole, dove non vi è rispetto verso le opposizioni politiche, dove avvengono uccisioni illegali, dove vi sono gravi problemi con l’indipendenza della magistratura, pesanti restrizioni alla libertà di espressione e ai media, gravi restrizioni alla libertà di Internet, respingimento di rifugiati in paesi in cui la loro vita o le loro libertà sarebbero in pericolo1.

Questo non deve trarci inganno: gli USA  conoscono bene l’Ucraina, e sanno fin troppo bene che foraggiare allegramente questa banda di fanatici nazisti potrebbe avere in futuro un effetto boomerang e reazioni fuori dal controllo, come è successo con i mujaheddin e gli integralisti islamici. Ma quando verrà il momento si vedrà: per gli Stati Uniti e per l’imperialismo in generale, non esistono eterne alleanze o eterni nemici, ma solo eterni interessi. Ciò che conta per gli Usa e per la Nato, è perseguire con forza i loro obiettivi egemonici con qualsiasi mezzo.

Ci siamo molto interrogati sull’atteggiamento in sostanza subalterno e remissivo dell’Europa rispetto ad uno scenario di crisi che addirittura la pone in una situazione di totale difficoltà. Ci sono delle ragioni che spiegano ciò: gli Stati Uniti alla fine delle Seconda Guerra Mondiale hanno ridisegnato l’Europa occidentale organizzandola su una dimensione produttiva che esprimesse i diretti interessi dei loro grandi gruppi monopolisti. All’industria italiana venne ad esempio assegnata la produzione di alcuni beni di consumo (auto, motoveicoli, elettrodomestici). 

L’Europa dunque, ricostruita come una grande filiera della produzione americana, pone le basi di una sottomissione economica e politica. Infatti la classe politica che si esprime è direttamente o indirettamente funzionale agli interessi di Washington. Spesso e volentieri,  in tempo di elezioni, i candidati più forti, nei rispettivi paesi, sono uomini politici che sono o sono stati dirigenti importanti delle più note multinazionali presenti sul territorio europeo. L’ex premier italiano Draghi, è espressione di un’oligarchia finanziaria da sempre legata agli ambienti statunitensi.

Tuttavia, a causa dello sviluppo ineguale dell’Europa capitalistica, si manifestano contraddizioni sempre più profonde. Da sempre Inghilterra e Italia lavorano per una dirigenza politica e militare USA in Europa, in opposizione alla volontà della Germania che cerca si sottrarsi al dominio statunitense. La Francia persegue anch’essa una linea di autonomia.

Questo spiega i tentativi, timidi e contraddittori, di Macron e del premier tedesco Scholz di tentare un canale di dialogo con Putin, e di cercare quasi vergognandosi una soluzione diplomatica alla crisi.

Di contro, proprio per i precedenti motivi, assistiamo ad un interventismo fanatico di Inghilterra e Italia.

Il ruolo giocato appunto dall’Italia in questa fase è caratteristico della sua storia. Quello italiano è un capitalismo debole nei confronti di altri paesi, ed anche molto servile.  Allo stesso tempo è arrogante verso i lavoratori, verso le fasce deboli della società, basti come esempio il fatto che tutte le forze politiche ad eccezione dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, vogliano cancellare il reddito di cittadinanza per trasferirlo a ricchi e imprenditori sotto forma di “sostegno all’impresa”.  In sostanza è un capitalismo vigliacco. Ecco spiegato da un lato il servilismo acritico verso ogni atteggiamento o dichiarazione della Casa Bianca, e dall’altro il tentativo goffo e maldestro di imitarlo. Non saranno sfuggite ai più le farneticanti dichiarazioni dell’inopportuno ministro Di Maio, o le recentissime castronerie russofobe di Letta. Torna in mente l’analisi che fece Engels : “L’Italia è il paese della classicità. Dalla grande epoca in cui apparve sul suo orizzonte l’alba della civiltà moderna, essa ha prodotto grandiosi caratteri, di classica e ineguagliata perfezione, da Dante a Garibaldi. Ma anche l’età della decadenza e della dominazione straniera le ha lasciato maschere classiche di caratteri, tra cui due tipi particolarmente compiuti, Sganarello e Dulcamara”2.

La debolezza del capitalismo italiano dipende anche dal fatto che si è realizzata tardi l’unità nazionale insieme con il mercato interno, per esempio a confronto con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. In Italia non abbiamo avuto una vera rivoluzione democratica, ma un compromesso tra borghesia del Nord e grande proprietà terriera del Sud. È questo tipo di capitalismo che ha dato vita al regime fascista; un capitalismo parassitario che cerca solo contributi e sovvenzioni, si sottomette alle multinazionali più potenti ed al riparo di esse si mostra prepotente nei confronti di lavoratori, disoccupati e poveri; allo stesso tempo, sul piano internazionale, è tra i più servili verso il monopolismo degli Stati Uniti .

Questo è il contesto generale, estremamente pericoloso. Sintomatico è il fatto che nella campagna elettorale italiana in vista delle elezioni del 25 settembre, completamente assente è la questione della pace e della guerra; così come sembra evidente, dalle scelte tattiche di determinate forze politiche che hanno scientemente chiuso ad altri partiti (vedi Pd che ha precluso ogni alleanza con l’ex premier Conte) , che a determinare alcune scelte politiche siano più le esigenze di Washington che quelle del popolo italiano. Un movimento per la pace e per i diritti sociali e democratici con il protagonismo attivo dei lavoratori si rivela fondamentale, ma questa esigenza si scontra con una realtà egemonica totalmente in mano alla destra e alle forze reazionarie, e con una incapacità delle forze di sinistra di rientrare nella scena politica in maniera realistica e fattiva.

 

NOTE

  1. https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/08/15/gli-stati-uniti-bocciano-il-sistema-ucraina-uccisioni-illegali-corruzione-torture-in-carcere-e-mancata-indipendenza-dei-giudici/6763214/?fbclid=IwAR2Zs-V7PlptJdhegQc3pI1Wsd90In44Eld6rBwkU0Uvsg7h0u6Swu8TNN8
  2. Friedrich Engels, prefazione al III libro de Il Capitale, 4 ottobre 1894

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