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R I C O R D A N D O    M A R G H E R I T A    H A C K di Piero De Sanctis

Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Margherita Hack, morta all’età di 91 anni il 28 giugno del 2013. Nata a Firenze il 12 giugno del 1922, dove si è laureata in fisica, lavora negli Osservatori di Arcetri e di Brera-Merate. Nel 1964 diventa ordinario di Astronomia nell’Università di Trieste e direttore del locale Osservatorio Astronomico. Nel 1980 è stata premiata dall’Accademia dei Lincei per i suoi studi sull’evoluzione stellare, sulla determinazione dell’abbondanza degli elementi nelle atmosfere stellari, e per lo studio sulla perdita di massa delle stelle calde e fredde e per le anomalie delle stelle magnetiche.

Si è occupata di astronomia ultravioletta, con particolare riguardo allo studio delle stelle binarie interagenti. Ha lavorato presso l’Istituto Astronomico di Parigi e gli Osservatori di Utrecht e Groningen in Olanda. È stata a Berkeley e all’Università di California, dove ha lavorato come ricercatrice associata. Nel 1962 è stata invitata a svolgere ricerche a Princeton (dove incontrò Oppenheimer e conobbe Paul Dirac e Freeman), in qualità di membro dell’Istituto for Advanced Study. Fu inoltre membro dell’Unione Astronomica Internazionale e della società Europea di Fisica e della Società Astronomica Italiana. Dal 1978 fa parte del Comitato dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Oltre ai suoi 200 lavori originali che sono stati pubblicati su riviste specializzate, è autrice di diversi libri di carattere universitario nonché divulgativo. È stata l’ideatrice, collaboratrice e direttrice della bellissima rivista L’Astronomia.

Ma il suo interesse non si limitava agli studi astronomici e scientifici, ancorché esso costituisse l’aspetto determinante della sua personalità. Il suo pensiero si estendeva a tutta la società: civile e politica. Molti dei suoi scritti sono dedicati ai rapporti tra la scienza e la politica. Memorabili sono le sue battaglie televisive in difesa della scuola pubblica e della libera ricerca scientifica. La sua irriducibile avversione contro la scuola di classe e le scuole private finanziate dallo Stato, risale, come la Hack srive nel suo interessante libro, Libera scienza in libero Stato, all’anno scolastico 1931-’32: «Ero in una classe di 34 bambine, alla scuola comunale Niccolò Acciaiuoli, in via Senese a Firenze…Anche noi, su 34 bambine ci trovammo a proseguire gli studi in cinque o sei. Tutte le altre sarebbero andate a lavorare o sarebbero rimaste a casa ad aiutare la mamma…a undici anni si entrava nel mondo degli adulti e spesso si diventava analfabeti di ritorno…In prima ginnasio, solo io e altri quattro o cinque compagni appartenenti alla piccola borghesia eravamo guardati con un certo disprezzo: anche a undici anni la separazione classista si faceva sentire».

Il suo amore per la scuola pubblica e per la Costituzione, soprattutto per l’articolo 34, in cui è detto: «La scuola è aperta a tutti…I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi »,erano al centro dei suoi pensieri e della sua attività come scienziata ed insegnante. Non a caso, nel libro sopra citato, Margherita Hack, inserisce un lungo passo del famoso discorso che Piero Calamandrei tenne l’11 febbraio 1950, durante il III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola pubblica, di cui riportiamo brevi stralci:

«… La scuola, come la vedo io, è un organo costituzionale. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola “l’ordinamento dello Stato”, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo… La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere  quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente, non solo nel senso di una classe politica, di quella classe che siede in Parlamento e discute e parla ( e magari urla) che è il vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine… E tutti noi, vecchi insegnanti, abbiamo nel cuore qualche nome di nostri studenti che hanno saputo resistere alle torture, che hanno dato il sangue per la libertà d’Italia…. Siamo fedeli alla Resistenza. Bisogna amici, continuare a difendere nella scuola la Resistenza e la continuità della coscienza morale».

Se la scuola di classe affligge e preoccupa Margherita Hack, ancor di più è angosciata dello stato in cui versa la ricerca scientifica italiana che, dall’unità d’Italia del 1861, fino ai nostri giorni, è stata sempre considerata, in Italia, una sottocultura del pensiero neoidealistico di Croce e Gentile. In particolare, l’astronomia –dice la Hack – è stata sempre vista, dalla religione cattolica e dalla Chiesa romana, come scienza luciferina, quando ricorda nel suo libro Giordano Bruno e Galileo Galilei, i due più grandi intelletti europei del Seicento. Del primo, ebbe a dire lo storico della scienza Alexandre Koyré: «la sua concezione è così potente e così profetica, così razionale e così poetica, che non possiamo trattenere l’ammirazione. Il suo pensiero…ha influenzato così profondamente la scienza e la filosofia moderna che non possiamo fare a meno di assegnargli un posto molto importante nella storia del sapere umano». Bruno fu bruciato vivo il 17 febbraio del 1600 per aver sostenuto e confermato, nel corso della sua vita, la infinità dei cieli, dei mondi e della materia. Galilei, iniziatore della scienza moderna, distruttore dello sterile empirismo degli aristotelici del suo tempo, convinto assertore che la matematica sia la chiave per la comprensione profonda della Natura, fu processato dalla Santa Inquisizione. Vecchio e malato, inginocchiato davanti al papa Urbano III nella sala della tortura, fu costretto ad abiurare la teoria copernicana, altrimenti: il rogo purificatore! E se oggi, l’ingerenza della Chiesa riguardo le scienze fisico-matematiche si è di molto ridotta, ben diverso è il caso delle scienze biologiche, o scienze della vita. «Insomma – conclude la Hack, – la scienza è umiliata dalla politica, che a sua volta è succube del Vaticano».

Finalmente, dopo tanto peregrinare in tutti i maggiori Osservatori Astronomici del mondo, il 17 marzo 1964 vince la cattedra di astronomia dell’Università di Trieste, nonostante l’accanita opposizione del vecchio direttore, dovuta alla mancata nomina del suo protetto. Gli anni Sessanta sono stati anni mirabili per l’astronomia: nel 1963 si scoprono le quasar (Quasi Stellar Radio Sources), cioè oggetti extragalattici, relativamente piccole, che emettono enormi quantità di energia sia nel campo ottico che in quello radio; nel 1965 si scopre la radiazione fossile di fondo a 3 gradi Kelvin; nel1967 si scoprono le pulsar, a conferma dell’esistenza delle stelle di neutroni, predette teoricamente. Tre scoperte di eccezionale rilevanza teorica per la comprensione dell’origine e dell’evoluzione del nostro universo.

Sotto la sua direzione, tra il 1964 e il 1973, l’Osservatorio divenne un importante centro internazionale, tanto che la Hack fu incaricata, nel 1974, ad organizzare a Trieste il Congresso Europeo dell’Unione Astronomica Internazionale. Profetiche sono le sue parole con le quali conclude, nel 2010, il suo libro già citato: «Il sistema Trieste è stato un pioniere verso questa direzione di progresso, ed è nato in Italia. Possiamo solo augurarci che serva di esempio e stimolo non solo ai Paesi in via di sviluppo, ma anche al nostro Paese, che governanti ignoranti e irresponsabili avviano verso una fase di sottosviluppo».

Teramo 30-11-2022

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