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U N A    F A K E    N E W S    D U R A   A    M O R I R E di Piero De Sanctis

È vero che all’aumento dei salari corrisponda l’aumento dei prezzi delle merci?

È di questi giorni la notizia riportata dai più grandi quotidiani nazionali riguardante i dati economici sull’aumento dei prezzi delle merci di prima necessità: lo zucchero +54%, l’olio +46%, il riso +39%, il latte +35%, il burro +34%, i formaggi +28%, le uova +21%, mentre i salari sono da anni inchiodati, come hanno denunciato i due segretari dei  maggiori sindacati italiani, la Cgil e la Uil.

Ma ecco, senza por tempo in mezzo, il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco (con laurea in Economia e Commercio presso l’Università degli studi di Roma nel 1971, e M.A  in Economia presso l’Università americana di Pensylvania nel 1974), con dispregio e non curanza dei dati di fatto sopra riportati, scende in campo contro i sindacati per «ammonire di non aumentarli (i salari, ndr) per non dar fiato alla spirale dei prezzi». Certamente al governatore non chiediamo il rispetto della logica formale e nemmeno della dialettica, ma almeno il rispetto della logica temporale degli avvenimenti: prima viene l’aumento dei prezzi delle merci e dopo l’aumento dei salari, non  viceversa.

Ma venendo al nostro tema del sottotitolo, si tratta di un vecchio ritornello che risale alla fondazione dell’Associazione Internazionale degli Operai, creata da Marx, nel settembre del 1864 allorquando, all’interno di essa, venne istituita una Commissione della quale faceva parte, dice Marx, «un vecchio falegname  owenista, J. Weston, carissima bravissima persona che aveva steso un programma pieno della massima confusione e d’indicibile prolissità».

Il punto centrale di questo programma era caratterizzato dalla tesi (mutuata peraltro da Robert Malthus, ma dominante soprattutto in Inghilterra) secondo la quale non solo un aumento generale dei prezzi monetari dei salari produceva un rialzo dei prezzi monetari delle merci, ma anche perché ciò andava  contro gli interessi degli operai stessi. Una tesi, continua Marx, «che se venissero accettata saremmo alla catastrofe».

Senza entrare in questioni di teoria politica economica, poiché Weston possedeva nozioni assai deboli al riguardo, Marx si limita a ricordargli due noti fatti: «i salari degli operai agricoli americani sono alti più del doppio di quelli degli operai agricoli inglesi, quantunque i prezzi dei prodotti agricoli siano più bassi negli Stati Uniti che in Inghilterra, quantunque negli Stati Uniti regnino gli stessi rapporti generali fra  capitale e lavoro che in Inghilterra, e quantunque la massa della produzione annua  sia negli Stati Uniti molto più piccola che in Inghilterra».

Il secondo fatto riguarda l’introduzione della legge delle 10 ore lavorative giornaliere (rispetto alle 12 ore in vigore) in Inghilterra che entrò in vigore nel 1848, in seguito alle grandi lotte operaie europee. Allora tutti i più grandi economisti e i portavoce ufficiali della classe borghese “dimostrarono” che questa legge «avrebbe suonato la campana a morte dell’industria inglese. Essi asserivano che la dodicesima ora che si voleva togliere al capitalista, era proprio l’unica ora dalla quale egli traeva il proprio profitto. Essi minacciavano una diminuzione dell’accumulazione del capitale, un aumento dei prezzi, perdita dei mercati, riduzione della produzione, conseguente ripercussione sui salari, e in fine la rovina ». Il risultato fu affatto diverso: un mirabile sviluppo delle forze produttive, allargamento e sviluppo dei mercati e migliori condizioni di vita dei lavoratori.

Ma perché, dunque, il nostro plurilaureato prof. Visco ha avuto l’ardire di raccontarci questa vecchia storiella? Questa fake news? Perché il mondo capitalistico occidentale è in profonda crisi economica e di valori e tutti sono chiamati, dai maggiori responsabili politici ed economici fino agli ultimi imbonitori televisivi e della carta stampata, ad apportare il proprio specifico contributo nel tentativo di salvare il moribondo. Il contributo del governatore Visco e delle associate consorterie, consiste proprio nel trasferire sulle spalle dei lavoratori , le loro responsabilità del costo della crisi e dell’attuale guerra.

La legge, che temono come il più terribile dei terremoti e della quale non si deve mai parlare, è quella della corrispondenza inversa che lega i salari operai ai profitti dei capitalisti, cioè: ai salari operai più alti corrispondono meno profitti per capitalisti. Ecco perché i più grandi economisti borghesi e premi Nobel, si sono sempre battuti contro questa legge, acriticamente rifiutata ma mai scientificamente analizzata.

Nella lettera a Kugelmann del luglio 1868, Marx scrive: «Qui vi è dunque l’assoluto interesse delle classi dominanti di perpetuare la spensierata confusione. E a quale altro scopo sarebbero pagati i sicofanti ciarlatani che non hanno altra carta scientifica nel loro gioco se non quella che nell’economia politica non è  comunque lecito pensare?».

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