ARTICOLI

IL FISICO CARLO ROVELLI SULLE ORME DEL PACIFISTA ALBERT EINSTEIN di Piero De Sanctis

Dopo 15 mesi di guerra in Europa, innescata dagli Stati Uniti contro la Russia circondata da basi Nato, avevamo perso ogni speranza che qualche personalità di rilievo nazionale fosse in grado di riprendere, spazzando via il turpiloquio pro guerra della Meloni e del suo nefasto seguito, il filo del discorso là dove lo lasciò Einstein quando ammoniva che : «La preoccupazione per l’uomo e per il suo destino deve sempre costituire l’interesse principale di tutti gli sforzi dell’attività scientifica. Non dimenticatelo in mezzo ai vostri diagrammi e alle vostre equazioni ». Ci sbagliavamo!

Dal palco del Concertone del primo maggio scorso, indetto dai tre maggiori sindacati italiani, ci ha pensato, tralasciando le sue equazioni della meccanica quantistica, un noto fisico italiano: Carlo Rovelli. Nel denunciare i grandi profitti delle multinazionali delle armi, quali responsabili primi dell’attuale guerra, lo scienziato così si è espresso: «La guerra, tra l’altro, si fa anche per motivi più banali…perché costruire armi è un affare terribilmente lucroso. E nel fiume di denaro che producono le industrie delle armi, le industrie della morte, ci sguazza la politica. E’ ragionevole che in Italia il ministro della Difesa sia stato per anni legato  a una delle più grandi fabbriche di armi del mondo, la Leonardo? E sia stato presidente della Federazione dei costruttori di armi (l’Aiard). Il ministero della Difesa serve per difenderci dalla guerra, o per aiutare i piazzisti di strumenti di morte?». In un attimo il fisico aveva distrutto tutto l’apparato propagandistico del governo Meloni che mascherava la vera natura dalla guerra in corso.

In men che non si dica, nel giro di poche ore, sono insorte le tre reti televisive nazionali, più le tre reti private di Berlusconi contro Rovelli, accusato di dire bugie, di essere un putiniano, un antidemocratico, un antiamericano ma, soprattutto, di essere un  serio e convinto pacifista, impegnato  nella Staffetta pacifista, da Aosta a Lampedusa, dello scorso 7 maggio.

Agli inizi della prima guerra mondiale del 1914, il trentacinquenne fisico Albert Einstein, esordisce sulla scena pubblica come pacifista radicale: «di principi morali profondamente radicati – dice il fisico Abraham Pais, nel suo magnifico libro Einstein, Sottile è il Signore – non era l’uomo da rinunciare a esprimere apertamente le proprie opinioni, per impopolari che fossero. Poco dopo l’inizio del conflitto, insieme a pochi altri intellettuali, firmò un Appello agli europei  nel quale si criticavano scienziati e artisti per aver “abbandonato ogni ulteriore speranza di continuità delle relazioni internazionali” e si esortavano tutti coloro che avevano veramente a cuore la cultura dell’Europa a “unire le proprie forze”». Einstein divenne membro dell’associazione pacifista Bund Neues Vaterland.

Sebbene la fama di Einstein fosse al massimo, per via della conferma sperimentale della sua teoria della relatività generale, avvenuta il 29 maggio 1919, la sua simpatia per il socialismo e il suo impegno militante per la pace, suscitavano malumori e invidie. Nell’anno successivo venne organizzata in Germania una campagna antisemita per diffamarlo e, nel contempo, per attaccare la sua teoria della relatività,  definita ebraica e comunista. I suoi libri furono bruciati. Perseguitato in patria, riparò negli Stati Uniti dopo l’avvento al potere di Hitler. Il 17 ottobre 1933 Einstein arrivò a Princeton, presso l’Istituto for Advanced  Study ove fu accolto calorosamente da tutti gli altri colleghi. Ma, nello stesso giorno, gli fu consegnata una lettera del primo direttore  Flexner nella quale si diceva, come riporta Abraham Pais, nel libro già citato, «Non c’è alcun dubbio che in questo paese vi siano bande organizzate di irresponsabili nazisti. Ho consultato le autorità locali….e il governo nazionale di Washington , e tutti mi hanno fatto presente….che la vostra sicurezza in America dipenderà dal silenzio e dal fatto che vi asteniate dal partecipare a manifestazioni pubbliche….Lei e sua moglie sarete assolutamente benvenuti a Princeton, ma, alla lunga, la vostra incolumità dipenderà dalla vostra discrezione». Dopo questo invito-ordine di stare lontano dalla vita politica, Einstein restò muto fino al 1940, anno in cui gli fu concessa la cittadinanza americana.

Einstein ha attraversato le ultime due guerre mondiali, schierandosi sempre, non solo in difesa dei popoli oppressi e per la pace, ma ricercando, nello stesso tempo, le reali radici della guerra. Uno dei più profondi scrittori di problemi militari, Karl Clausewitz, nella sua opera Sulla guerra afferma: «La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi», (e precisamente con mezzi violenti). A questa tesi si sono sempre riferiti gli storici  seri e gli intellettuali di formazione progressista, per intendere il significato di ogni guerra, al di là del paravento propagandistico di esportazione della democrazia e della libertà dei popoli.

Se ieri, tra il 1875 e il 1918, per mantenere alti i loro profitti, sei grandi potenze (Inghilterra, Russia, Francia, Germania, Giappone, Stati Uniti), depredavano 30 milioni di Km², cioè una superficie tre volte l’intera Europa, tenendo soggetti un miliardo di uomini nelle colonie; oggi, sempre per mantenere alti i loro profitti, sei nazioni (Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Francia, Italia, Spagna), con una popolazione complessiva di 640 milioni, pari all’8% della popolazione mondiale, pretendono di depredare una popolazione di 3,5 miliardi (BRICS), pari al 44% della popolazione mondiale.

L’originalità dell’attuale guerra, se così si può dire, consiste nel fatto che le contraddizioni, tra un Occidente in fase di tramonto, e un Oriente in sviluppo, vengano decisi con una guerra sul terreno europeo, assecondando esclusivamente gli interessi americani difesi militarmente dalla Nato. Tale guerra ha diviso la classe operaia europea, mentre i magnati dell’aristocrazia finanziaria e quelli delle multinazionali della guerra, fanno profitti da capogiro, sostengono pregiudizi nazionalistici e la reazione fascista, la quale ha rialzato la testa in quasi tutti i paesi occidentali.

Teramo 10- 05-2023

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *