ARTICOLI

SUL  PERIODO  DI  TRANSIZIONE  DAL  CAPITALISMO AL  SOCIALISMO di Piero De Sanctis

È stato pubblicato nel mese di ottobre scorso, per la Fazi Editori, uno dei libri più seri di approfondimento sulla storia politica ed economica della Cina, dal titolo significativo: La Cina spigata all’Occidente, del grande sociologo Pino Arlacchi, di fama internazionale e profondo conoscitore della Cina. Il contenuto del libro ci viene spiegato, in forma succintamente esemplare, dallo stesso autore nei risvolti di copertina: «Il miracolo cinese ha alla base il non-espansionismo, legato ad una radicale avversione alla guerra e alla violenza, la meritocrazia come strumento di governo, un peculiare modello economico-politico socialista».

La concezione del socialismo di mercato, dice il sociologo Arlacchi, è «tutt’altro che un ossimoro. Esso include l’idea che non è necessario abbattere il capitalismo se lo si può piegare ai propri fini, trasformandolo in una forza propulsiva del socialismo…Questa esperienza contraddice una delle tesi di Marx secondo cui il capitalismo deve essere necessariamente rovesciato e sostituito dal socialismo. Confermando nello stesso tempo la sua visione che la storia sta dalla parte di chi è in grado di tenere il passo dello sviluppo delle forze produttive. Il socialismo secondo Marx finisce col prevalere perché i suoi rapporti di produzione (la sua struttura politica e sociale) sono superiori a quelle del capitalismo».

Il socialismo di mercato, cioè la partecipazione di capitali privati stranieri e non, alla costruzione della società socialista, è stato uno dei temi economici più grandi e complessi che si sono trovati di fronte tutte le società nel periodo di transizione dal capitalismo al socialismo. Nel periodo di transizione l’economia di ogni singolo paese è caratterizzata dalla presenza di diversi tipi di economie sociali coi relativi rapporti di produzione e leggi economiche specifiche. In Unione Sovietica, tale periodo, ad esempio, era caratterizzato da cinque settori: socialista, piccola produzione mercantile, capitalista privato, monopolista di Stato e patriarcale. La nazionalizzazione, senza indennizzo, dei principali mezzi di produzione e delle banche che appartenevano al capitale privato, la confisca della proprietà latifondista e la distribuzione della terra ai contadini poveri, fu solo l’inizio della trasformazione socialista dell’economia.

Tuttavia, nei paesi socialisti, un determinato ruolo, nel periodo di transizione, lo svolge il capitalismo privato che riguarda quei capitalisti che stipulano accordi con lo stato socialista, impegnandosi a lavorare in vari settori dell’economia alle condizioni e nei limiti previsti dagli accordi stessi. Tale presenza è la causa della principale contraddizione tra un capitalismo vinto ma non distrutto e il socialismo già nato ma ancora debolissimo.

Infatti, come afferma il sociologo Pino Arlacchi, non si tratta di un ossimoro, ma di una vera e reale contraddizione tra l’economia socialista e quella capitalistica, sulla quale contraddizione Lenin ha dedicato un importantissimo articolo nell’ottobre 1921 dal titolo: La Nuova Politica Economica (Nep). Dice Lenin «All’inizio del 1918 calcolavamo che ci sarebbe stato un periodo di edificazione pacifica…ma ci sbagliavamo, poiché nel 1918 fummo investiti da una vera minaccia di carattere militare, dall’insurrezione  cecoslovacca e dallo scoppio della guerra civile, che durò fino al 1920…sotto l’influenza  di queste e di numerose altre circostanze, noi commettemmo l’errore di voler passare direttamente alla produzione e alla distribuzione su basi comuniste. Decidemmo che i contadini ci avrebbero fornito il pane necessario attraverso il sistema dei prelevamenti e noi, a nostra volta, lo avremmo distribuito agli stabilimenti e alle fabbriche, ottenendo così una produzione e una distribuzione a carattere comunista…ma una breve esperienza ci ha convinti dell’impostazione sbagliata di questo piano…Così, sul fronte economico, col tentativo di passaggio al comunismo, abbiamo subito nella primavera del 1921 una sconfitta più grave di tutte le altre…Il sistema dei prelevamenti nelle campagne…ha ostacolato il progresso delle forze produttive ed è stato la causa prima della profonda crisi economica e politica che abbiamo attraversato nella primavera del 1931». Il malcontento e la rivolta contadina si propagarono rapidamente alla classe operaia, fino alla rivolta controrivoluzionaria di Kronstadt mirante a restaurare il potere e la proprietà dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari.

Si capì che sul fronte economico «i compiti sono assai più difficili di quelli sul fronte militare». Si rese necessario prendere atto della sconfitta e della ritirata. Ma la nuova politica economica, con la sostituzione dei prelevamenti con l’imposta in natura, se da una parte significava per i contadini il libero commercio dell’eccedenza dei prodotti agricoli non assorbiti, unitamente alle concessioni fatte ai capitalisti stranieri, dall’altra, si trattava di un vero e proprio ritorno al capitalismo. I capitalisti, è indubbio, trarranno vantaggio dalla nuova politica, ma saranno anche costretti a formare un proletariato industriale sempre più maturo e combattivo.

«Il problema fondamentale – dice Lenin – consiste, dal punto divista strategico, nel vedere chi saprà approfittare prima di questa nuova situazione. Tutto il problema sta nel vedere chi seguiranno i contadini; se seguiranno il proletariato che si sforza di costruire una società socialista, oppure il capitalismo che dice: “torniamo indietro, è più sicuro, altrimenti, con questa trovata del socialismo chissà dove si va a finire”. La lotta del proletariato è la lotta più accanita, più furiosa di tutte le altre, nella quale la classe operaia deve combattere contro tutto il mondo, poiché tutto il mondo è contro di essa. Chi vincerà? La storia passata ci mostra che nei paesi e nazioni, dove la classe operaia ha preso il potere ed ha edificato il socialismo sia possibile un ritorno indietro verso il capitalismo, come dimostra la caduta dell’Urss, iniziata nel 1956 con l’avvento del riformista Krusciov. In Cina, nell’attuale fase di transizione dal capitalismo al socialismo, l’economia socialista è vincente rispetto a quella capitalista. Chi vincerà è una questione tuttora aperta.

Teramo 7 novembre 2025

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *